04 giugno 2024   Articoli

Coesione, il peccato originale

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

Il Decreto Coesione accanto alla ridefinizione di alcune misure fondamentali per le politiche per il Mezzogiorno, come decontribuzione e Resto al Sud, contiene la riforma generale della governance delle politiche di coesione. 

In qualche maniera si tratta di un completamento delle novità introdotte con il Decreto ZES dell’anno scorso, che prevedeva il coordinamento dei diversi fondi nazionali ed europei nei cosiddetti Accordi di Coesione. 

Ricordiamo che questa riforma è stata inserita nella nuova versione del PNRR dal Ministro Fitto, e che quindi è agganciata anche al rispetto di corrispondente obiettivo. Il suo scopo fondamentale è di migliorare la performance dei fondi di coesione, soprattutto in termini di tempestività della spesa. 

La Cabina di Regia con tutte le Autorità di Gestione (Regioni e Ministeri) istituita con la Legge di Bilancio per il 2014 e che già doveva monitorare l’andamento degli interventi di coesione secondo un cronoprogramma esaustivo, dovrebbe assumere un ruolo centrale nella nuova struttura di governo. 

In teoria nei prossimi 3 mesi tutte le Autorità devono trasmettere un elenco di interventi ‘strategici’ al Dipartimento di Politiche di Coesione che poi lo dovrà vagliare e validare. 

L’elenco dovrà includere, di nuovo, un cronoprogramma attuativo sulla base del quale le Autorità dovranno poi rendicontare ogni 6 mesi alla Cabina di Regia. Chi sarà in linea con il proprio cronoprogramma potrà richiedere anticipazioni di quote FSC sui fondi di cofinanziamento nazionale del proprio programma europeo.

In caso di ritardi il Ministro può attivare poteri sostitutivi, che però sappiamo essere stati utilizzati pochissimo nella storia per varie ragioni. Il Decreto prevede poi alcune misure di assistenza tecnica e potenziamento delle strutture della coesione basate sull’utilizzo del Programma Capacità per la Coesione. 

Si tratta di interventi condivisibili, considerando il cronico ritardo di alcune amministrazioni, ma vanno sottolineati alcuni limiti. 

La riforma non instaura in effetti un sistema di valutazione dei risultati a valle della spesa, come fa il PNRR e come ci si aspettava alla vigilia, ma solo un sistema di monitoraggio della spesa. Forse quell’obiettivo è stato giudicato troppo ambizioso.

L’intuizione di monitorare solo gli interventi strategici (e non tutti) è a mio parere corretta. Tuttavia, gli interventi strategici, definiti nel Decreto da un elenco di fattispecie, sembrano includere praticamente tutti gli interventi. Il monitoraggio di avanzamento degli interventi in Cabina di Regia somiglia a quello instaurato dall’allora Sottosegretario alla Presidenza Claudio De Vincenti con i Patti per la Coesione nel 2015. 

La differenza principale consiste nel nome (invece di Patti oggi ci sono gli Accordi) e nella più forte formalizzazione (con atto normativo più dettagliato). Gli incentivi a rispettare il cronoprogramma francamente non appaiono determinanti, soprattutto per i Ministeri, che nella rendicontazione in chiusura quest’anno appaiono in ritardo di spesa almeno quanto le Regioni. 

Anche il rafforzamento amministrativo, per quanto certamente auspicabile, forse poteva essere fatto più semplicemente in via amministrativa con l’utilizzo del Programma ‘Capacità’ tramite il CIPE, senza atto normativo. 

Nel complesso quindi le riforme generali introducono delle novità che andranno valutate nella realizzazione, in quanto non interamente nuove. 

Sarà determinante l’attuazione perché in effetti i Patti per lo Sviluppo di De Vincenti naufragarono sostanzialmente per il disinteresse del Ministro successivo (Barbara Lezzi). La storia recente è piena di monitoraggi e atti richiesti dalla normativa sostanzialmente inattuati, oltre che di poteri sostitutivi mai utilizzati. 

Peraltro, non si considera come ogni adempimento ulteriore, in questo caso l’instaurazione di un sistema di monitoraggio e una relazione semestrale su di esso basata, per quanto utile, necessita di un lavoro, di personale dedicato sostanzialmente a tempo pieno a questa attività, che nelle amministrazioni diventa spesso quella di punta. 

Nei fatti la Pubblica Amministrazione italiana è sempre più composta di istituzioni di nuovo conio i cui compiti sono monitoraggio, valutazione e coordinamento, che di quelle che si occupano della realizzazione. Con la moltiplicazione dei soggetti che insistono su ogni decisione, queste funzioni assorbono sempre più energie. 

Probabilmente questo è il vero peccato originale della Nuova Programmazione. È sempre meglio coordinare che prendersi la responsabilità di realizzare.

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Economia

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