21 maggio 2020

Il grande silenzio sulla scuola

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

IL DL 18/2020 tra le molte misure di sostegno all’economia contiene anche alcune misure sulla scuola, il primo settore a cessare l’attività e probabilmente l’ultimo a riprenderla. Il fatto che ci sia stato così poco dibattito sulla ripresa scolastica a maggio è un indice di vari problemi inerenti la società italiana. 

Tutte le decisioni politiche riflettono il sistema di valori che le generano. Cosa ci racconta allora la scarsità del dibattito sulla riapertura della scuola? Da un lato ci conferma la scarsa importanza attribuita in generale alla scuola. Da un altro punto di vista essa mostra quanto siano poco rilevanti anche i temi della assistenza alle famiglie con bambini, della demografia e del lavoro femminile. Ma anche quello della eguaglianza di opportunità.

Alla digitalizzazione urgente della scuola sono dedicati nel DL 18, 85 milioni di euro, in aggiunta ai 30 milioni di euro che venivano stanziati annualmente dal Ministero sulla base del Piano Nazionale di Digitalizzazione Scolastica del 2015. Siamo abbastanza lontani dai tempi in cui un Primo Ministro britannico vinceva le elezioni dichiarando di avere tre priorità: Education, education, education!

L’intervento in questo campo dovrebbe avere un carattere più sistematico soprattutto se, come appare possibile, le scuole o alcune scuole potrebbero non riaprire neanche a settembre. Il ministro dovrebbe far stimare dai suoi uffici un vero fabbisogno per le attività di digitalizzazione a tappeto della scuola almeno elementare, dove le esigenze di assistenza potrebbero essere più importanti, e la spesa dovrebbe essere tarata sulle esigenze e non il contrario. Questa operazione si può fare facilmente a partire dai dati INVALSI che contengono sia una valutazione della performance degli studenti sia delle informazioni sulla situazione socio-economica delle famiglie. Qualora fosse difficile farlo all’interno della PA ci sono schiere di accademici disposti a farlo con accesso alla banca dati INVALSI.

Sulla base di queste informazioni si dovrebbe stimare il numero di ragazzi in situazione problematica che hanno bisogno di assistenza, combinare questa informazione con quella sulla adeguatezza delle conoscenze informatiche del personale docente e pianificare una attività di formazione ad ampio spettro che potrebbe avvenire durante l’estate. Sarebbe invece da evitare come la peste l’istituzione di una Commissione o un Osservatorio.

Esiste ovviamente la questione delle risorse per un programma tanto ambizioso. Considerando il fatto che moltissimi studenti in difficoltà sarebbero concentrati nel Mezzogiorno si potrebbero certamente usare in maniera più decisa i fondi della Coesione Territoriale ed in particolare del Piano Operativo tematico. Ovviamente va evitata però la logica secondo la quale al sud si usano questi fondi e al nord quelli della fiscalità ordinaria.

Come sempre invece la spesa per fronteggiare l’emergenza sta prendendo decisamente la strada della assistenza elargita in forma di sostegno monetario. Il sostegno al reddito è cruciale in questa fase, tuttavia obiettivamente sarà molto più facile giustificare l’uso di risorse comunitarie se verranno una volta tanto usate per aumentare la competitività del sistema paese attraverso la digitalizzazione della scuola.

Dobbiamo essere consapevoli che i trasferimenti monetari non sono sempre lo strumento migliore per una società più giusta. L’eguaglianza di accesso e di opportunità nella sanità e nella istruzione sono di gran lunga più importanti. Da questo punto di vista la chiusura della scuola sta generando un autentico disastro fuori dal radar della politica e dei mezzi di informazione. Gli studenti più fragili sono quelli che risentiranno di più della condizione di abbandono se non si avrà il coraggio di strutturare una iniziativa forte di assistenza alla istruzione. In questo snodo dobbiamo decidere se è meglio assistere le famiglie meno abbienti all’infinito o se metterle in condizione di sollevarsi dalla condizione di povertà, contribuendo in tal modo alla ricchezza nazionale.

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