L'ecologismo nell'era tecnologica
Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno
Con il Piano Next Generation EU (NGEU) l’Europa ha dimostrato di essere una comunità solidale di Stati, che concretamente affronta una sfida comune in maniera coordinata e con un Piano di Rilancio con precise priorità strategiche. Tra questa la transizione ecologica è senz’altro la più rilevante. In Italia non tutti sembrano coscienti che almeno il 37% delle risorse del NGEU dovrà essere impegnato su progetti green. Ma per far questo servono progetti e le idee chiare su cosa fare in campo ecologico.
Esistono però almeno due modi per essere ambientalisti e con conseguenze totalmente diverse. In una prima versione l’ambientalismo predica il rispetto per la natura tout court, per come essa è ed è sempre stata. Si tratta della forma moderna di una filosofia sempre esistita secondo la quale l’uomo ha un posto preciso all’’interno della natura, non superiore o inferiore agli altri esseri viventi, e il tentativo di trascendere il suo ruolo, modificando il panorama in maniera attiva, è destinato necessariamente a provocare squilibri e disastri. La natura si vendica dell’arroganza dell’uomo. In questa prospettiva romantica e bucolica a un tempo, tutto ciò che nasce spontaneamente è naturale ed è bello, mentre ciò che fa l’uomo, soprattutto con mezzi tecnologici, è tendenzialmente brutto. Ogni azione umana necessariamente quindi porta a un peggioramento e ci avvicina a una prospettiva catastrofica.
Negare che l’uomo sia riuscito a costruire delle brutture orrende è impossibile, tuttavia è altrettanto assurdo sostenere che tutto ciò che è naturale sia bello. Occasionalmente la natura crea spontaneamente degli autentici paradisi ma si tratta di eventi casuali, in moltissimi casi l’abbandono da parte dell’uomo non crea necessariamente bellezza o armonia. Al contrario in moltissimi casi la bellezza può essere progettata dall’uomo nel contesto della natura, o anche astraendo da essa. Non esiste una regola generale.
Inoltre è certo che in passato catastrofi immani per il sistema ecologico esistente, siano avvenute senza l’intervento umano. La terra è chiaramente un organismo vivente con equilibri instabili ed assolutamente imprevedibili. Ha attraversato cataclismi globali e perturbazioni, che hanno provocato enormi cambiamenti per diverse specie come l’uomo. E’ ormai certo ad esempio che per interi secoli anche nella storia recente le temperature sono state più alte (Annibale che passa le alpi con gli elefanti o il grano coltivato a mille metri dopo l’anno mille) o molto più basse (la cd. piccola glaciazione) di quanto siano oggi. La natura quindi può creare e distruggere tutto e non è solo o necessariamente l’intervento umano la variabile che sconvolge tutto.
Il secondo ecologismo parte da queste constatazioni. L’uomo può essere in altri termini un elemento di equilibrio o di squilibrio all’interno della natura, ma in entrambi i sensi questo non dipende dalla sua inazione, quanto dalla maniera in cui la sua azione si colloca all’interno della natura. E le conseguenze delle scelte che facciamo talvolta sono meno ovvie di quanto appaia.
La retorica ecologista prevalente in alcuni movimenti, in particolare nel nostro paese e nelle regioni meridionali, è spesso del primo tipo. Per essere giusti bisogna prima di tutto non fare niente, non modificare l’esistente, perché la natura fa il meglio possibile da sola. Noi possiamo solo peggiorare. L’ecologismo del NGEU è di stampo opposto. L’impegno ecologista richiede più tecnologia, più ricerca, più capacità, più progettualità per costruire paesaggi e realtà industriali più rispettose degli equilibri della natura. Mentre la prima visione comporta necessariamente una decrescita, che come abbiamo constatato in Italia non potrà essere felice, coniugato nella seconda maniera, l’ambientalismo non è incompatibile con la crescita economica. Tuttavia richiede capacità e impegno del tutto diversi dall’astratta proposizione di schemi ideologici e ostruzionismo. Si tratta dell’ambientalismo di chi produce i pannelli solari e non si limita ad installarli, di chi ripara le reti idriche e impianta depuratori, e anche di chi è in grado di progettare e costruire impianti di riciclo e di valorizzazione dei rifiuti. L’ambientalismo di chi rifiuta tutto ciò, lasciandoci invariabilmente con le discariche più grandi e le acque reflue più sporche in mare di tutta Europa, non serve più, se mai è servito.
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