Sicurezza (poco) percepita
Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno
L’episodio dell’uccisione dell’immigrato da parte dell’assessore leghista di Voghera ha riacceso il dibattito sullo stato della sicurezza del nostro paese. Come sempre il dibattito si accende su posizioni ideologiche di rara faziosità, trascurando completamente quello che ci raccontano le statistiche sulla criminalità. Da un lato si sostiene che l’aggressione (collegata esplicitamente alla presenza straniera) sia un valido motivo per giustificare la difesa come legittima in quasi tutte le circostanze e permettere a più privati di usare armi da fuoco per autodifesa. Dall’altro invece si sostiene che l’Italia sia un paese in cui circolano troppe armi tra i privati che sarebbero a loro volta il pericolo principale.
Ovviamente è impossibile fare un quadro della sicurezza in un articolo di questo genere, ma ci sono alcuni fatti sicuri che saltano agli occhi guardando i dati. Il primo è lo scarto enorme tra la situazione di fatto e la situazione emergenziale dipinta da entrambe le fazioni. Se guardiamo agli omicidii, il reato su cui esistono statistiche più affidabili perché meno ignorabile o soggetto a distorsioni nella denuncia, non ci sono dubbi: l’Italia è una delle società meno violente del mondo e probabilmente della storia dell’uomo. Nel 2019 ci sono stati in Italia poco più di 300 omicidii, per un tasso pari a 0,53 per 100mila abitanti. Si tratta di uno dei tassi più bassi in Europa, per molti versi un’isola felice nel mondo, molto inferiore a quelli di Francia e Germania a titolo di esempio. Lo stesso tasso negli USA è superiore a 6, in Russia 14 e nei paesi più violenti del mondo (quasi tutti nel Centro e Sud America) anche superiore a 40. Per mettere ancora in prospettiva il dato, la città di Baltimora con 600mila abitanti ha all’incirca lo stesso numero di omicidii dell’intera Italia.
Se adottiamo una ottica storica il dato non cambia. Il tasso di omicidio nel nostro paese è in declino secolare. A differenza di quanto sembrano pensare molti dei nostri concittadini, soprattutto i più anziani, viviamo in una società incomparabilmente meno violenta di quella in cui loro hanno vissuto da giovani. Solo per avere un’idea, nel 1991 ci sono stati circa 1200 omicidii, 4 volte quelli del 2019. Ad incidere sul calo soprattutto quelli connessi con le organizzazioni criminali, circa un terzo del totale nel 1991, il 10 percento oggi.
Dei 315 omicidii la metà avviene in ambito famigliare e circa un terzo delle vittime sono donne. Quasi tutti gli omicidii di donne sono classificati prevedibilmente come femminicidi. Ancora oggi il tasso di omicidio maschile rimane quasi il doppio di quello femminile. Ma è anche vero che quasi l’intero calo del tasso di omicidio in Italia negli ultimi decenni riguarda i maschi, che erano molto più a rischio in passato. Sul tasso di omicidio femminile si è inciso di meno, pur essendo esso sempre molto inferiore in valore.
Si potrebbe sostenere che ciò che genera la sensazione di insicurezza sia non tanto l’omicidio ma i reati minori, ancorché violenti, come furti e rapine, violenza sessuale, minacce e percosse, etc.. Anche in questi casi però non c’è una evidenza grave di recrudescenza nella maggior parte di essi. Una notevole eccezione è la categoria degli atti persecutori probabilmente però dovuta all’introduzione e all’attenzione maggiore allo stalking. E’ però vero che non si nota in generale in questi reati nemmeno un trend decrescente significativo almeno negli ultimi dieci anni paragonabile a quello degli omicidii.
Un aspetto di rilevo è che anche nei tassi di omicidio si ripropone un certo divario nord-sud, ma concentrato sui soli omicidi con vittime maschili, con un dato particolarmente anomalo negli ultimi anni in Calabria. Minore al sud il numero di violenze sessuali anche se è difficile capire se questo dato sia dovuto a una minore propensione alla denuncia. Inferiori o non significativamente diversi anche i furti, eccezion fatta per i furti d’auto ancora molto più diffusi.
In ogni caso il quadro della situazione è quello di un paese poco violento, forse l’unico aspetto in cui il nostro paese può vantare un definito vantaggio, e ci si chiede se sia opportuno da parte delle forze politiche esacerbare gli animi ed alimentare una sensazione di insicurezza che non ha alcun riscontro nei dati. Forse sarebbe arrivato il momento di riconoscere che non siamo sull’orlo del baratro e che di certo la limitazione al possesso delle armi da fuoco non ci ha certo fatto male. Rimane da indagare invece perché esiste ed è palpabile questa sensazione di insicurezza che attanaglia molti dei nostri concittadini e che non può comunque essere ignorata.
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