Fca, né moralismi, né subalternità: incalzare l'azienda su nuove sfide
Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno
La richiesta da parte di FCA a Banca Intesa di un prestito di 6,3 miliardi di euro assistito dalla garanzia dello Stato ha suscitato una vivace polemica tra due posizioni contrapposte: la prima, di forte critica verso FCA che ha scelto solo pochi anni fa l’Olanda come sede legale e la Gran Bretagna come sede fiscale; la seconda, di appoggio alla concessione della garanzia sul prestito alla luce delle sue ricadute sull’intera filiera dell’automotive in Italia. Non aiuta, ad appianare i contrasti, una qualche ineleganza, spiace dirlo, con cui la società ha presentato la sua posizione e che fa seguito alla carente comunicazione alle autorità italiane dei termini in cui qualche mese fa veniva concluso l’accordo con Peugeot.
Ciò nonostante, è assolutamente necessario guardare a tutta questa vicenda senza inutili partigianerie, per provare a impostare una più argomentata riflessione sulle prospettive strategiche del settore entro le quali l’operazione va collocata. Una vicenda molto rilevante per il Mezzogiorno, dato che alcuni dei più importanti stabilimenti FCA in Italia sono localizzati al Sud e con essi una parte significativa della componentistica di fornitura per auto e veicoli commerciali e industriali: il complesso dell’automotive localizzato nelle Regioni meridionali produce circa un quarto del valore aggiunto complessivo prodotto dal settore in Italia.
La questione decisiva è quella della tenuta oggi e dello sviluppo futuro della filiera produttiva degli autoveicoli e dei veicoli industriali nel nostro Paese, un comparto che costituisce da sempre una eccellenza italiana nel contesto internazionale. Non a caso, la nostra componentistica rifornisce oltre agli stabilimenti FCA gran parte delle case automobilistiche europee, contribuendo in misura decisiva all’elevata qualità tecnica della produzione continentale.
E’ quindi nostro vitale interesse mantenere e migliorare ulteriormente un simile posizionamento di mercato e questo richiede che la politica economica crei le condizioni per attrarre in Italia e nel suo Meridione investimenti e capacità innovative: uscire da pregiudizi antindustriali che si sono diffusi negli ultimi anni e che contrastano con il “saper fare” della nostra tradizione manifatturiera, semplificare e stabilizzare le regole per ricostruire un ambiente in cui imprese e lavoratori possano operare, fornire gli incentivi giusti – come Industria 4.0 e Credito d’imposta Sud - per gli investimenti in ricerca e innovazione, rimuovendo quelle misure degli ultimi due anni che penalizzano le produzioni italiane. E al tempo stesso, sapersi porre come interlocutori forti e credibili del mondo imprenditoriale internazionale e delle grandi corporation.
La richiesta di prestito garantito da parte di FCA è un’occasione per cominciare ad andare in questa direzione. Non ha senso sollevare con la società il problema della sede estera, anche se sarebbe apprezzabile che questo problema se lo ponesse essa stessa: la sua controllata FCA Italy, che ha sede nel nostro Paese, ha comunque pieno titolo per richiedere la garanzia prevista dal decreto “Liquidità”. Caso mai è ora che il Governo, superando ogni residuo di sovranismo masochista, si impegni a livello europeo e internazionale per promuovere la necessaria omogenizzazione tra Paesi delle normative societarie e fiscali. Ha senso invece, come il Ministro dell’economia ha dichiarato, condizionare la concessione della garanzia a impegni precisi dell’impresa nei confronti degli stabilimenti italiani in termini di investimenti, linee produttive, livelli occupazionali.
Ma non basta: la capogruppo FCA e i suoi azionisti devono finalmente chiarire alle autorità italiane la strategia che sarà adottata dopo la fusione con Peugeot e fornire le garanzie – vincolanti e sanzionabili - che in Italia verranno realizzati investimenti almeno altrettanto rilevanti per quantità e qualità di quelli in altri Paesi. In fondo, se come c’è da augurarsi la corporation FCA sarà in grado l’anno prossimo di completare l’operazione Peugeot, il cospicuo dividendo straordinario previsto per i suoi azionisti sarà il segnale di una ritrovata “discreta” liquidità di gruppo.
Il settore automotive è atteso nei prossimi anni a un passaggio d’epoca: realizzare la transizione alla mobilità sostenibile. E’ una grande sfida per tutti e la filiera italiana ha tutte le carte in regola per esserne protagonista. Sta a FCA saper essere punto di riferimento di questo processo anche e prima di tutto nel nostro Paese. E sta al Governo italiano saperlo promuovere con una politica intelligente e libera da forzature ideologiche.
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