Maffettone: lo shock Covid potrebbe cambiare il mondo
Intervista a Sebastiano Maffettone di Mirella Armiero - Corriere del Mezzogiorno
«Ho provato a fotografare la realtà e a capire, hegelianamente, il mio tempo col pensiero». Non siamo ancora usciti dalla pandemia e Sebastiano Maffettone ha già dato alle stampe un acuto saggio intitolato II quarto shock. Come un virus ha cambiato il mondo per le edizioni della Luiss. Un tentativo di riflettere su quello che sta accadendo in questi mesi e che secondo il filosofo napoletano è un evento che potrebbe realmente modificare l'attuale assetto globale.
Professore, quali sono gli shock precedenti dell'umanità?
«Copernico ci ha detto che la Terra non è al centro dell'universo. Darwin ci ha mostrato che discendiamo da una scimmia. Freud ci ha rivelato che non siamo padroni delle nostre azioni. Il quarto shock ce lo ha dato un virus, mettendo l'umanità di fronte ai suoi limiti. Ora sappiamo che dobbiamo modificare qualcosa rispetto all'immediato passato. Io direi che d'ora in poi potremmo parlare di era a.C. e d.C. intese come ante Covid e post Covid».
Quali sono le sue argomentazioni?
«Parto da una fotografia della situazione e dalla questione dell'etica pubblica. L'idea corrente è che lo sfruttamento della natura così com'è stato fatto abbia provocato una ribellione della natura stessa. Poi passo alla questione forse più delicata di tutte: come dobbiamo cambiare nel profondo di noi stessi, curare il nostro io, ciascuno a proprio modo, con la preghiera, la meditazione, in ogni caso con mezzi che ci facciano capire la nostra finitezza. E questo ci porta al punto successivo: puntare a un'impresa eco-
In tema di disuguaglianze, anche quelle tra Nord e Sud si sono acuite e rischiano di peggiorare.
«Evidentemente è così, accade sempre nei momenti di crisi. E questo a sua volta esaspera la crisi della democrazia che senza uguaglianza non può reggere. Negli Stati Uniti, ad esempio, sta accadendo proprio questo: da una parte pochi ricchissimi e dall'altra sempre più poveri. Rischia di prevalere il modello cinese del capitalismo di stato».
In quel caso però finiamo per andare verso il capitalismo della sorveglianza denunciato da Shoshana Zu-boff?
«Il punto di vista di Zuboff è interessante anche se un po' radicale. Si basa sull’idea che attraverso la rete si sa tutto di noi be vengono sfruttate non solo le nostre conoscenze ma anche le nostre emozioni. E dire che il web era nato come utopia libertaria, per diventare poi una realtà proprietaria tutta in mano a privati».
Questo è un punto fondamentale: il dominio delle piattaforme private.
«Prendiamo un esempio: se cerchi il tragitto più breve usi Google, ma è una questione di mobilità urbana dunque dovrebbe essere appannaggio di una piattaforma comunale. Ecco, io credo alla collaborazione tra pubblico e privato, anche perché il pubblico non funziona mai come funziona Amazon».
In conclusione, è ottimista? Ha una speranza per il futuro?
«Il dato di fatto è che ora ne sappiamo di più. Quello che facevamo prima non lo possiamo o almeno non lo dovremmo replicare. Abbiamo una consapevolezza e una direzione. Sta a noi tradurle in una prassi visto che quello che abbiamo fatto finora ha portato a una pandemia».
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