Così l'Italia può trasformare in oro la gran frustata economica dell'Ue
Pier Carlo Padoan - Il Foglio
L’OCSE ha recentemente pubblicato una edizione speciale del rapporto annuale sul debito pubblico dedicata all’impatto del Covid19. Il quadro complessivo è naturalmente stato stravolto dall’impatto della crisi e le conseguenze si vedono sulla crescita del debito nei paesi OCSE. Da gennaio a maggio 2020 i governi OCSE hanno emesso nuovo debito per 11 trilioni di dollari, circa il 70% in piu rispetto alla media dei cinque anni passati nello stesso periodo . L’aumento si spiega con l’impatto sulle finanze pubbliche dei pacchetti di risposta diretta alla crisi ma anche per il finanziamento di misure precauzionali attivate per fronteggiare la carenza di liquidità indotta dalle crisi.
Le differenze tra la crescita del debito nei diversi paesi riflettono la diversa esposizione dei paesi allo shock simmetrico del virus per esempio in termini di specializzazione produttiva, i diversi spazi di bilancio e le diverse misure prese dai vari paesi. Va comunque rilevato che i paesi avanzati, soprattutto i paesi del G7, hanno visto crescere il loro debito in misura molto maggiore che i paesi emergenti anche se ciò può riflettere, almeno in parte la diversa tempistica della reazione alla crisi del coronavirus nei diversi paesi.
Malgrado la significativa crescita dell’offerta di titoli pubblici i rendimenti sono rimasti contenuti grazie alla intonazione molto espansiva delle politiche monetarie. Nei primi cinque mesi dell’anno circa il 25% dei titoli pubblici avevano tassi negativi e il 43% dei titoli aveva tassi tra lo zero e l’uno percento. Per l’anno in corso l’OCSE prevede una crescita dello stock di debito da 47 trillioni di dollari del 2019 a quasi 53 trillioni di dollari nel 2020. Allo stesso tempo l’OCSE prevede una contrazione del pil del 7.5% nel 2020 nell’ipotesi, ottimistica, che non si verifichi una seconda ondata di coronavirus. Il combinato disposto di maggior debito e crescita negativa comporterà un aumento del rapporto debito pil di 13.5 punti percentuali. Per intenderci, un aumento superiore a quello verificatosi all‘indomani della grande crisi finanziaria quando aumentò del 12.6 % tra 2007 e 2009. Inoltre i governi dei paesi OCSE dovranno rinnovare circa il 40% dello stock di debito nei prossimi tre anni. E ciò malgrado molti paesi abbiano significativamente accresciuto le scadenze del debito nel periodo pre covid.
La domanda da porsi in tutti i paesi è se questo quadro sarà nel complesso sostenibile. C’è una semplice risposta di base che vale per tutti. Il debito è sostenibile se il tasso di crescita e maggiore del tasso di interesse. Questa condizione deve valere per il sistema nel suo complesso ma anche per i paesi individualmente. Il contenimento dei tassi di interesse e stato finora garantito dalla azione delle banche centrali. Vi hanno anche contribuito le politiche di gestione del debito e di allungamento delle scadenze.
Ma non basta, vanno attivate politiche di sostegno alla crescita e occorre integrare le politiche monetarie con politiche fiscali e strutturali. Nel breve periodo gli stimoli fiscali danno un impatto positivo alla domanda ma accrescono il debito. Nel medio periodo occorrono stimoli dal lato dell’offerta da attivare con misure di riforma che incidano sugli investimenti pubblici e privati. E’ l’interazione positiva tra stimoli di breve e stimoli di lungo periodo che garantisce la sostenibilità del debito.
Anche da questo punto di vista le decisioni del Consiglio Europeo rappresentano una svolta importante che potrebbe contribuire a stabilizzare il debito, sotto diversi punti di vista. Innanzitutto in quanto grazie alle risorse di Next Generation EU (NGEU) da utilizzare per avviare riforme strutturali e investimenti pubblici, sarà rafforzata la crescita di lungo periodo dell’economia europea. In secondo luogo perche NGEU prevede la emissione di debito europeo finalizzato al finanziamento di progetti legati alla doppia transizione, digitale e “verde”. Si tratta di innovazioni importanti che incideranno qualitativamente oltre che quantitativamente sul mercato dei titoli anche grazie alla maggiore possibilità di diversificazione dei portafogli degli investitori, e potrebbero porre le basi per l’introduzione di un “safe asset“ europeo, contribuendo a rafforzare l’economia europea anche nella sua collocazione globale e nel ruolo dell’euro.
Anche da questo punto di vista NGEU e utile all’Italia. Un paese ad alto debito ha interesse a sfruttare le opportunità di diversificazione degli strumenti di finanziamento per stabilizzare il debito ma anche per rafforzare il meccanismo di allocazione di risorse finanziarie verso i nuovi obiettivi della doppia transizione. Le emissioni di green bonds sia da parte del settore pubblico che di quello privato ne sono un esempio.
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