04 maggio 2020   Articoli

Trasporti. Paghiamo il prezzo dei tagli

Ennio Cascetta - Il Mattino

Ennio Cascetta - Professore ordinario di Pianificazione dei Trasporti - Università di Napoli Federico II

Da oggi inizia fra mille incertezze la fase 2 dell'emergenza Covid. Riaprono gradualmente le attività economiche e si pone il problema della mobilità urbana nel Paese. Come ho avuto modo di scrivere su questo giornale il tema avrebbe meritato indicazioni più chiare e risorse dedicate a livello nazionale, una programmazione di sistema a livello locale e magari qualche intervento della protezione civile a sostegno. Ma tant'è. La crisi sta evidenziando gli effetti di dieci anni di indebolimento dei servizi sociali fondamentali.

Durante la fase 1 si è molto parlato dei tagli alla sanità. Adesso scopriamo le gravi carenze del trasporto pubblico locale, le conseguenze della riduzione di fondi dedicati a livello nazionale e, soprattutto nel Mezzogiorno, anche a livello locale. Ma pagheremo anche, bisogna dirlo, la incapacità di questo settore di attuare quelle riforme di apertura al mercato che sono ritenute ormai obbligatorie dall'Europa e previste per legge in Italia da ben 22 anni. Ma procediamo con ordine.

Negli ultimi dieci anni (2009-2019) i finanziamenti statali per i servizi di trasporto pubblico su gomma e su ferro si sono ridotti del 22,5% passando da circa 6,2 miliardi di euro 2009 a 4,8 nel 2019. Un totale di oltre undici miliardi sottratti al settore in dieci anni. Ma il trasporto pubblico è costituzionalmente una competenza regionale, come la sanità, e quindi oltre che dallo Stato è finanziato anche dalle Regioni e da alcuni Comuni. E diverse Regioni italiane hanno risposto in maniera differente ai tagli statali. Alcune hanno incrementato i contributi regionali per compensare, e in alcuni casi addirittura aumentare, i mancati trasferimenti dello Stato pur di mantenere i livelli di servizio pubblico per i propri cittadini. Altre hanno aggiunto tagli regionali ai tagli nazionali.

La mobilità nella fase 2 dovrà avvenire in condizioni di sicurezza sanitaria e questo stresserà tutti i sistemi delle grandi città. Molti utilizzeranno le auto o le moto, altri cercheranno di trasformare le proprie abitudini di mobilità andando in piedi o in bici, ma tanti non avranno alternative all'uso del trasporto pubblico per diverse ragioni, soprattutto nelle grandi aree metropolitane con tanti comuni dormitorio e posti di lavoro concentrati. Insomma Milano, Roma e Napoli avranno i problemi maggiori, a seguire le altre otto città metropolitane.

Diventerà veramente problematico assicurare il distanziamento previsto da norme contraddittorie che indicano una riduzione della capacità di trasporto dal 50% addirittura fino al 75%. Ovviamente il problema sarà tanto più grave per città e regioni che hanno già ridotto di molto l'offerta di trasporto pubblico nel corso degli ultimi anni. Infatti, come ho detto, le Regioni hanno risposto in modo differente ai tagli statali.

Nel 2011, mentre la Lombardia raddoppiava le risorse destinate al trasporto ferroviario in Campania si è registrata una riduzione del 74% rispetto all'anno precedente, andamento che è continuato negli anni soprattutto dal 2010 al 2015 durante l'amministrazione Caldoro. Negli ultimi anni, gli stanziamenti regionali sono aumentati, ma sono ancora insufficienti a riportare i livelli del trasporto pubblico locale campano a quelli del 2010. Sta di fatto che oggi il numero delle corse si è ridotto del 34% per il trasporto ferroviario e del 57% per il trasporto su gomma. Insomma vuoto per pieno i servizi di trasporto pubblico oggi sono la metà, ripeto la metà, di quelli offerti in precedenza.

Ma non è solo una questione di soldi e di corse. In Campania fino al 2010 e per circa venti anni si è lavorato a un modello integrato di mobilità basato sulla centralità del trasporto pubblico, puntando sul rinnovamento del parco bus, la crescita della metropolitana urbana e regionale, il metrò del mare, e sul biglietto Unico che, primo caso in Italia, consentiva con un unico biglietto di poter viaggiare su tutti i mezzi pubblici in tutta la Regione.

Non va dimenticato che in questo modello c'era un'unica società (Metronapoli) che gestiva l'intero sistema del trasporto ferroviario di Napoli con logiche e organizzazione diverse da Anm. Una visione che si è sistematicamente smontata in questo decennio.

Ma i problemi del trasporto pubblico in Italia non possono ricondursi solo alla riduzione generalizzata delle risorse ad esso destinate. Questo settore più di tanti altri nel campo dei trasporti, ha strenuamente resistito a qualunque tentativo di modernizzazione e di trasparenza. Gli interessi congiunti di politica e rappresentanza sindacale hanno di fatto impedito che la riforma del 1997, ossia l'affidamento a gara dei contratti di servizio pubblico su gomma e su ferro, diventasse la regola e non l'eccezione.

Eppure dove i servizi di trasporto pubblico sono stati affidati a gara i risultati sono stati generalmente molto positivi, in alcuni casi le stesse aziende di proprietà dell'Ente pubblico hanno offerto i servizi a costi più bassi, eliminando semplicemente inefficienza e vincoli di un passato remoto. Sta di fatto che i costi al chilometro delle aziende italiane sono mediamente più altri di quelli medi europei di circa il 30 % e in questa media ci sono aziende per le quali il costo di un chilometro è più del doppio del cosiddetto costo standard, ossia quello che dovrebbe essere il costo medio tenendo conto di tutto, la vetustà del parco veicolare, la lentezza del traffico, il personale.

L' Italia del dopo Covid non può più permettersi questi sprechi a danno della mobilità e dei tanti cittadini che avranno ancora più difficoltà a sostenere i costi più alti dell'automobile. Non si può pagare 7 Euro a chilometro un bus che in Italia costa in media 3,75 e in Europa 2.80.

Qualche proposta per il breve e medio periodo. Nella fase 2 bisogna attuare a pieno la strategia europea ASI (avoid, shift, improve), evitare spostamenti con telelavoro e chiusura attività, spostare le ore di punta utilizzando un vero piano orari, migliorare i servizi di mobilità. Certo bici e monopattini elettrici andranno promossi, ma dubito seriamente che possano risolvere i problemi nelle aree metropolitane italiane.

Bisognerà approntare un servizio di trasporto pubblico che garantisca distanziamento e sicurezza senza penalizzare troppo che è costretto ad utilizzarlo. Si potrebbero requisire per ragioni di salute pubblica le migliaia e migliaia di bus turistici oggi fermi, soprattutto nelle regioni dove i servizi di linea sono più insufficienti. Nel medio periodo, nella nuova Italia, bisognerà affrontare, finalmente e decisamente, il tema della mobilità urbana ed in particolare la riforma del trasporto pubblico per dare più servizi e più qualità con meno risorse. È possibile anche da noi.
 

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