17 febbraio 2021   Articoli

Mezzogiorno, luci e ombre dell'era Provenzano

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

Mentre Mario Draghi vara la nuova squadra di governo ha senso fare un consuntivo dell’attività dell’ultimo governo sul Mezzogiorno. Il Ministro Provenzano ha sicuramente avuto il merito di rimettere le politiche per il Mezzogiorno nell’agenda di governo, dopo l’inesplicabile blackout della parentesi della Lezzi. Di fatto il governo giallo-verde aveva affidato le politiche per il sud al reddito di cittadinanza e al blocco della autonomia differenziata. Provenzano ha ripreso l’iniziativa sostanzialmente dalle politiche del cd. Decreto Mezzogiorno di Claudio De Vincenti. In effetti c’è una continuità impressionante. E’ stato rifinanziato il credito d’imposta per investimenti industriali (anche se ancora in maniera troppo prudente). Il governo ha poi riproposto opportunamente il Fondo per la Crescita dimensionale delle PMI del Mezzogiorno (Invitalia), che era stato dirottato al finanziamento del Venture nel Fondo Nazionale Innovazione dal governo precedente. 

E’ stata estesa in varie maniere la possibilità di utilizzo di Resto al Sud, la misura di autoimprenditorialità giovanile, aumentando il fondo perduto e permettendone l’uso ai 50enni. Purtroppo ci siamo abituati ad una retorica per cui estendere platee e distribuzioni di denaro gratis è sempre una buona cosa. Può darsi che nella pandemia ciò sia vero, ma in tempi normali finanziare a fondo perduto il 50% di ogni iniziativa imprenditoriale non è necessariamente una buona idea. Si finanzia anche chi può finanziarsi da solo e si sostituisce credito bancario ordinario incoraggiando per altro verso iniziative di speculatori che magari non meritano di essere finanziate o che sono semplicemente estrattive.

Infine si è tentato di sbloccare le Zone Economiche Speciali. Dopo una gestazione faticosissima, ma anche in alcuni casi veramente assurda, come nel caso della ZES adriatica che si estende per 500 km da Lecce ai confini del Lazio, e constatato l’immobilismo anche delle ZES istituite tempestivamente (Calabri e Campania), Provenzano ne ha modificato la governance istituendo un commissario per ogni ZES. Tuttavia poi la nomina dei Commissari è avvenuta (quando è avvenuta) con lentezza inspiegabile. Dopo più di un anno sono stati nominati, recentemente, due soli Commissari (a Taranto e Goia Tauro). Sono stati estesi opportunamente invece i benefici fiscali delle ZES con un vantaggio fiscale sulle imposte sul reddito per chi si insedia (per iniziativa parlamentare) e l’estensione del credito d’imposta al settore della logistica. Vietati dalla normativa sugli aiuti di Stato, questi aiuti sono diventati possibili grazie all’orientamento molto più liberale adottato dalla Commissione in materia, a partire dall’esplosione della pandemia.

La norma che prevede la quota del 34% della spesa in conto capitale al sud, anch’essa istituita dal Ministro De Vincenti, è stata per l’ennesima volta modificata e rafforzata ma mai applicata a 4 anni dalla sua entrata in vigore. Di questo passo avremo norme sempre più ferree, a volte addirittura irragionevoli per quanto rigide, totalmente ignorate dai ministeri.

La spesa dei fondi europei e del FSC, è ripartita ma in gran parte per effetto della possibilità di contabilizzare spese straordinarie Covid con fondi della coesione. Stiamo per assistere come sempre a un ennesimo ‘miracolo’ di rendicontazione negli anni finali del ciclo di finanziamento europeo, ottenuto con la riprogrammazione radicale e la trasformazione di spese ordinarie in spese di coesione. Un successo comunque per Amministrazioni coinvolte, ma difficilmente spacciabile come un successo politico.

L’unica iniziativa nuova e di rilievo è invece la decontribuzione parziale dei dipendenti del settore privato al sud. La decontribuzione, fino all’anno scorso, e per iniziativa sempre del governo Gentiloni, era di fatto totale per 3 anni per i nuovi assunti. Questo era in effetti un incentivo alla nuova occupazione. A questo il governo ha aggiunto uno sconto contributivo del 30% su tutta la platea dei dipendenti ‘in servizio’. Questa misura costa 4,5 miliardi all’anno e sostanzialmente ha il pregio dell’automatismo e della facilità di spesa, però ha effetti di incentivo scarsissimi a fronte del costo enorme. L’esperienza passata con la decontribuzione, una misura utilizzata negli anni 70 e 80, peraltro è deludente, tanto che la cd Nuova Programmazione si costruì in opposizione a quel fallimento. Gli incentivi automatici sono strumenti potenti e hanno il pregio di evitare costi di transazione politico-amministrativi che disperdono parte (o tutte) le risorse. Tuttavia per aver senso devono incentivare qualcosa. In questo caso si tratta di fatto di un puro trasferimento, e probabilmente non ai meno abbienti.

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