Sud a Meloni, i rischi di una scelta
Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno Napoli e Campania
Ha destato una certa sorpresa la notizia che la Presidente del Consiglio, nel conferire le deleghe al neo-Ministro Tommaso Foti, abbia deciso di mantenere in capo a sé il coordinamento delle politiche per il Sud, separandole dal blocco affidato al nuovo Ministro e comprensivo delle deleghe ad Affari europei, Coesione territoriale e PNRR. Al di là delle possibili interpretazioni di carattere più strettamente politico proposte da diversi commentatori, interessa qui ragionare sull’assetto di governance delle politiche per il Mezzogiorno che dalla scelta della Presidente del Consiglio deriva.
Ripercorriamo brevemente l’evoluzione istituzionale che al riguardo si è registrata nel nostro Paese. Dopo la crisi dell’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno, abbiamo assistito tra ultimo decennio del Novecento e primi anni Duemila a una lunga parentesi segnata dall’idea che il divario Nord-Sud potesse essere affrontato con gli strumenti generali della politica economica, limitandosi a modularne l’intensità sul territorio nazionale. E’ stato, quello, un approccio che, come era logico, ha portato con sé l’assenza di un punto di riferimento istituzionale specifico cui ricondurre la responsabilità di politiche esplitamente volte a sanare il divario. E’ solo con il riemergere della consapevolezza che una questione meridionale continuava – e continua – a porsi per il nostro Paese, condizionandone le prospettive di crescita economica e di sviluppo sociale, che a fine 2011, con il Governo Monti, la delega per la Coesione territoriale è stata affidata in via esclusiva a un Ministro dedicato (non veniva allora citato esplicitamente il Mezzogiorno ma era del tutto chiaro come quest’ultima fosse l’area su cui più insistono le risorse dei fondi di coesione).
Da allora l’attribuzione di una specifica responsabilità politica per la coesione ha continuato a caratterizzare l’esperienza dei governi che si sono succeduti, prima con il Ministro per la Coesione nel Governo Letta, poi con la responsabilità di coesione e Patti per il Sud al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Governo Renzi e infine con la figura del Ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno nel Governo Gentiloni e, in quelli successivi, con una delega comunque esplicita alle politiche per il Sud. L’elemento qualificante dell’esperienza da Monti in poi è stato sempre il nesso molto stretto tra delega alla coesione e delega per il Mezzogiorno: i fondi strutturali europei e il Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) sono le leve finanziarie chiave per dare gambe alle politiche di riduzione dei divari territoriali e in particolare di riduzione del divario Nord-Sud.
Giusta quindi la scelta, compiuta all’inizio della vita del Governo Meloni, di attribuire congiuntamente a un unico Ministro responsabile le deleghe Coesione e Sud e di rafforzare la scelta aggiungendovi la responsabilità del PNRR e il collegamento con gli Affari europei, riferimento essenziale di queste politiche nazionali. Il fatto è che, come Raffaele Fitto ha potuto verificare in prima persona e con risultati nell’insieme positivi, la riduzione dei divari e, in modo particolare di quello tra Mezzogiorno e Centro-Nord, passa non solo per la definizione dell’indirizzo politico e per la programmazione degli interventi, ma soprattutto per quello che, con un termine inglese molto pregnante, si chiama execution. E quest’ultima richiede a sua volta che il responsabile della politica per il Meridione disponga delle leve finanziarie (fondi strutturali e FSC) e amministrative (poteri di coordinamento sulle diverse amministrazioni coinvolte) necessarie a dare concretezza alle scelte politiche. Non a caso, per esempio, nel Governo Renzi il Ministro per il Mezzogiorno era anche Ministro per la Coesione e coordinatore della Cabina di regia dei relativi fondi, potendo così impostare i Patti per il Sud con le amministrazioni regionali e la politica industriale nei confronti del sistema produttivo. E non è un caso che, grazie alle leve a sua disposizione, il Ministro Fitto abbia potuto costruire gli Accordi di coesione con le Regioni, accordi che Giorgia Meloni ha giustamente apprezzato.
Perciò la scelta di mantenere in capo alla Presidente del Consiglio le politiche per il Sud separatamente dai fondi di coesione e dal PNRR suscita inevitabili perplessità: rischia di rendere le politiche per il Sud, per così dire, “disincarnate”, confinandole all’indirizzo politico privato delle leve necessarie a realizzarlo. Tanto più che i compiti di indirizzo generale dell’azione di governo propri della Presidente del Consiglio non potranno che renderle difficile, come è naturale, curare l’execution concreta degli interventi. Naturalmente, non si può escludere che uno stretto rapporto tra gli indirizzi per il Sud stabiliti dalla Premier e le scelte operative del Ministro Foti consenta di superare questo ostacolo, ma in ogni caso un ostacolo in più è stato introdotto: c’è da augurarsi che il Governo sappia evitarne i rischi.
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