04 luglio 2025   Notizie

La nuova geoeconomia e il suo incrocio strategico

Il Mattino

Amedeo Lepore - Professore ordinario di Storia Economica - Università della Campania Luigi Vanvitelli

La storia del Mediterraneo è uno strumento essenziale per la comprensione dei fenomeni di crisi e rivitalizzazione di uno tra gli spazi geografici veramente strategici del mondo. La sua costruzione è l’esito di una stratificazione ininterrotta di avvenimenti economici e sociali, vicende umane e processi demografici, rappresentazioni mitologiche ed evoluzione di un ambiente naturale unico. Questo mare collocato in mezzo alle terre di tre continenti è un intreccio continuo di significati contrastanti, aspettative e inganni, slanci e convenienze, identità e fratture culturali, passato remoto e avvenire possibile, da cui si genera il senso dell’esperienza delle realtà e delle popolazioni che lo circondano.

Quest’area di frontiera e di congiunzione è stata descritta da Amalia Signorelli, contribuendo alla sua interpretazione moderna: “Contiguo, anzi cerniera tra altri due potenti poli simbolici, l’Oriente e l’Occidente, il Mediterraneo è sempre così pronto a sfumare i propri confini in quelli dell’uno o dell’altro, che talvolta sembra sul punto di venirne risucchiato, di diventare parte dell’una o dell’altra costruzione simbolica. E invece rimane sempre Mediterraneo, non tutto Oriente né tutto Occidente”. Il Mediterraneo odierno, con le sue caratteristiche multiformi, si proietta in una dimensione nuova, frutto della complicazione dei rapporti proprio tra Est ed Ovest e del riassetto geopolitico globale, diventando il crocevia delle connessioni tra il Nord e il Sud, lungo la rotta principale della prossima crescita mondiale. 

L’Europa presidia questa via di scambio marittimo che, nella sua versione allargata, la mette in comunicazione con l’Africa, i territori atlantici e quelli dell’indo-pacifico, fino all’Asia più lontana, costituendo un fulcro basilare per il suo benessere industriale, logistico e commerciale. Eppure, le politiche comunitarie appaiono, soprattutto di fronte all’instabilità e all’insicurezza della regione, ancora timide e inadeguate a fronteggiare un’evenienza di questa portata, fornendo l’impulso necessario alle forze produttive europee per sfruttare fino in fondo l’opportunità di uno sviluppo condiviso con questa parte del pianeta. Il Pil dell’area mediterranea nel 2023 era pari a circa 10.343 miliardi di dollari a prezzi correnti, con un’incidenza dei relativi membri dell’Unione Europea del 73,4%, dei Paesi del Medio Oriente del 16,6%, del Nord Africa dell’8,5% e dei Balcani occidentali di solo l’1,5%. Italia, Francia e Spagna rappresentano i due terzi del reddito corrispondente della UE, mentre la Turchia è la maggiore economia del Medio Oriente e l’Egitto del Nord Africa. 

A parere dell’International Trade Centre, il commercio intraregionale del Mediterraneo ha un potenziale di incremento di 19,2 miliardi di dollari e può innalzare le esportazioni verso la UE di 108,6 miliardi di dollari entro il 2029. SRM di Intesa Sanpaolo, che presenta oggi il suo rapporto, ha mostrato che il Mediterraneo, nel quadro di una ripresa degli scambi marittimi globali, ha rafforzato la sua centralità geoeconomica, realizzando nel 2021-2022 un aumento del traffico dei containers tra Europa e Asia, attraverso il Canale di Suez, a un tasso medio annuo del 4,4%. Secondo i dati più recenti della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, nel Mediterraneo del Sud-Est (SEMED) è prevista un’accelerazione della crescita dal 2,5% nel 2024, al 3,7% nel 2025 e al 4,1% nel 2026. I conflitti perduranti, le politiche tariffarie e gli shocks climatici hanno influenzato e condizioneranno ancora questa prospettiva, ma va notato quanto sia consistente la spinta inversa al rafforzamento delle interdipendenze regionali per proiettarsi al di fuori del bacino mediterraneo in una logica di competitività globale. Il rapporto di questo organismo finanziario internazionale evidenzia come un’intensificata incertezza sia sufficiente a scoraggiare gli investimenti, indebolire la produzione e interrompere le catene di approvvigionamento mondiali, provocando nuova stagflazione. Perciò, è indispensabile l’adozione di strategie di pace e di collaborazione, attraverso un protagonismo e non una somma di debolezze a livello europeo, contribuendo a porre fine alle guerre in atto, non solo per ragioni umanitarie e di convivenza civile, ma anche nell’interesse economico dei Paesi dell’area. 

Il Mezzogiorno rappresenta una delle zone chiave per rinvigorire il ruolo dell’Italia e dell’Europa nel Mediterraneo, a patto che riesca a puntare su suoi assets principali quale hub logistico e portuale strategico, centro propulsore della blue economy e delle filiere marittime collegate, territorio privilegiato per lo sviluppo della bioeconomia circolare e dell’energia sostenibile, area ad alta intensità di formazione, ricerca e innovazione. L’idea di una nuova centralità del Mediterraneo si inserisce con piena coerenza nella prospettiva delineata da Fernand Braudel, la cui concezione, a quarant’anni dalla scomparsa, resta ancora attuale. Non solo perché le civiltà frutto di una storia durevole possono risorgere da periodi di crisi e declino, ma anche perché si può riprendere a guardare a questo spazio geografico come a un sistema mobile, complesso e interdipendente, che torni a fungere da incrocio degli scambi e dell’economia globale.

Amedeo Lepore

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