17 maggio 2020

Le imprese non possono diventare un mero strumento della politica

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Claudio De Vincenti - Economista - Promotore del Manifesto

Da diverse parti è stato rilevato come più che di Decreto Rilancio si dovrebbe parlare di Decreto Ristoro. Un vero rilancio richiede infatti priorità strategiche su cui concentrare le risorse pubbliche e modalità per esaltarne gli effetti sugli investimenti privati. Il Decreto varato mercoledì scorso dal Governo è invece focalizzato, e forse era inevitabile, sugli aiuti a famiglie e imprese per passare la “nottata”. Gli sbocchi della crisi restano incerti, in particolare nel Mezzogiorno.

Sul fronte del sostegno ai lavoratori che stanno soffrendo la drastica riduzione delle proprie fonti di reddito, il nuovo decreto supera alcune – non tutte – le pastoie procedurali e le parzialità che hanno condizionato nelle settimane scorse l’efficacia del “Cura Italia”. In particolare, taglia alcuni passaggi per l’erogazione della Cassa integrazione e aiuta con una indennità apposita anche i lavoratori saltuari e intermittenti nonché i lavoratori domestici. Introduce poi il Reddito di emergenza come aiuto temporaneo per coloro che in questo momento versano in condizioni di estrema carenza di reddito. Infine, prevede l’emersione degli immigrati che rispettino alcuni requisiti, consentendo ai datori di lavoro – nei settori dell’agricoltura, dell’assistenza alla persona e del lavoro domestico – di regolarizzarli e contrattualizzarli.

Sono state poi chiarite le modalità per dare attuazione ai margini di riprogrammabilità dei Fondi strutturali consentiti dalla Commissione Europea per fronteggiare spese a fini sanitari e sociali: le norme introdotte dal decreto consentono la riprogrammazione senza modificare la ripartizione Nord-Sud dei fondi europei e del Fondo sviluppo e coesione nazionale. Vengono poi varate due norme specificamente orientate a Mezzogiorno: liquidità ai giovani che attraverso “Resto al Sud” hanno avviato attività imprenditoriali oggi impattate dalla crisi e sostegno per i soggetti del Terzo settore.

E sicuramente anche nel Meridione potranno essere utili le norme per il ristoro delle mancate entrate dei Comuni o quelle di forte alleggerimento fiscale per le imprese. Il giudizio si fa più problematico quando passiamo a ragionare sulle poche misure che dovrebbero cominciare a delineare il “rilancio”. In particolare, quelle che affrontano due nodi che arriveranno presto al pettine: il primo, immediato, riguarda il turismo; il secondo, i rischi di indebolimento della struttura finanziaria di una parte delle aziende. 

Naturalmente, le misure di alleggerimento fiscale sulle imprese interessano anche quelle impegnate nel turismo e per queste il decreto ne aggiunge anche di specifiche. Ma qui la situazione è, se possibile, ancora più difficile che in altri settori perché a oggi, con la stagione estiva che si avvicina, la domanda stenta ancora a riprendersi. Il decreto cerca di incoraggiarla con un buono di 150 euro a persona che sale fino a 500 per famiglia. Il rischio è che questo incentivo non sia sufficiente a modificare le scelte dei cittadini condizionate dalla sensazione di insicurezza che la pandemia ha determinato. Bisognerebbe allora concentrarsi sull’adozione di protocolli per le attività alberghiere, di ristorazione, di trasporto che aumentino la fiducia riguardo alla possibilità di spostarsi e di soggiornare in sicurezza. E sarebbe poi meglio convogliare le risorse su misure rivolte agli operatori del settore – come per esempio la decontribuzione dei rapporti di lavoro stagionali a condizione che l’impresa si impegni a riassumere il lavoratore anche nelle stagioni successive – in modo da sostenerli nel superare una stagione difficile senza chiudere, in modo da preparare la successiva.

Infine, vengono introdotti tre strumenti per affrontare i rischi di indebolimento finanziario delle imprese: un contributo a fondo perduto per le più piccole; un Fondo Patrimonio PMI presso Invitalia, finalizzato a sottoscrivere obbligazioni di aziende di media dimensione che attuino in proprio un aumento di capitale; un Fondo Patrimonio Destinato presso CDP per le imprese di maggiori dimensioni, volto a finanziarle con capitale di rischio. Bisognerà attendere la versione finale del decreto per formulare un giudizio definitivo. Qui rilevo solo una questione che è di importanza decisiva: bene l’intervento pubblico nel capitale d’impresa, ma solo se si tiene la barra dritta sul fatto che una società a partecipazione pubblica non può essere un mero strumento della politica ma deve essere un soggetto imprenditoriale che attira capitali privati perché capace di confrontarsi col mercato. 

Insomma, l’Italia e il Mezzogiorno non hanno bisogno di un uso assistenziale delle aziende, che le condannerebbe al fallimento, ma di imprese capaci di innovare, stare sul mercato e creare così sviluppo e occupazione stabili.

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