Rifiuti all'anno zero
Emanuele Imperiali - Corriere del Mezzogiorno
Un meridionale paga la tassa sui rifiuti più alta d’Italia, in media tra 355 e 360 euro a famiglia. Contro i 273 al Nord e i 322 al Centro. Riciclare l’immondizia, chiudendo industrialmente il ciclo dello smaltimento e della riutilizzazione, è un’impresa improba al Sud. Un interessante Report di Utilitalia e Merita espone alcuni dati sui quali riflettere: la differenziazione dei rifiuti che tocca il 67% al Nord e addirittura il 71% in Sardegna, nel meridione cala al 52%, in Sicilia ad appena 39%. Maria Gerarda Mocella e Rosario Mazzola, che l’hanno curato, indicano esplicitamente i motivi del deficit nel ciclo integrale al Sud: il recupero dell’organico, lo smaltimento dei rifiuti residui, la troppo breve tempistica delle assegnazioni, la ridotta presenza di aziende pubbliche del settore, la mancanza di adeguati investimenti. Sulla governance il Report mette in evidenza che al Centro-Nord prevalgono le società pubbliche partecipate. Al Sud, invece, la maggior parte degli appalti e concessioni è fatta dai Comuni e va a operatori privati. Con tutti i rischi del caso nelle aree meridionali dove le infiltrazioni della criminalità organizzata sono perennemente in agguato. Uno dei nodi più intricati è quello del turismo dei rifiuti che ha un costo elevato, sia ecologico che finanziario, si spiega nello studio di Utilitalia e Merita.
I numeri sono da capogiro: 1,67 milioni di tonnellate di organico provenienti dalla differenziata sono gestiti in una regione diversa da dove vengono creati. Il 36% parte dal Sud e viaggia verso il Nord. E la Campania detiene il primato: 475mila tonnellate esportate, il 29% del totale italiano. “Il deficit del Sud si manifesta sia nello smaltimento dei rifiuti residui, sia nel riutilizzo della frazione organica” sbotta Mocella, che ricorda come nel Recovery siano stanziati soldi per migliorare la differenziata nelle grandi aree metropolitane di Napoli, Bari e Palermo.
Il Recovery è l’occasione per una transizione ecologica: i fondi ci sono. Il Report li quantifica: servirebbero più di 6 miliardi. Spendendone 5 il Pil del Sistema Italia crescerebbe dello 0,3% e si creerebbero 53mila nuovi posti di lavoro. I cinque miliardi, considerando lo stato impiantistico, andrebbero per oltre 2,5 al Nord, per altri 1,7 al Centro e 601 milioni al Sud. La Sicilia è la Cenerentola ma anche la Campania non è messa bene, la Puglia va un po’ meglio. “Il problema centrale – spiega l’ex ministro Claudio De Vincenti, Presidente di Merita – è la governance. Se al Sud arriveranno poche risorse è perché mancano i progetti”.
La Svimez, nel suo Rapporto 2020, aveva sentenziato che “il ciclo dei rifiuti è assente dalle politiche per il Sud, la differenziata avanza a fatica, mancano filiere per la valorizzazione”, concludendo che servono “piano strategici regionali e per macroaree, oltre alla creazione di una rete impiantisca per chiudere il ciclo”. L’associazione presieduta da Adriano Giannola ha spiegato che Lazio e Campania presentano un deficit impiantistico di oltre 2,5 milioni di tonnellate. E in Campania il deficit strutturale riguarda sia la gestione dei rifiuti urbani che di quelli speciali. “A livello nazionale occorre una normativa organica che disciplini il passaggio da rifiuti a prodotti che possono essere reimmessi nel circuito produttivo a seguito del loro trattamento e recupero a livello industriale – spiega a Economia del Mezzogiorno Fulvio Bonavitacola, Vicepresidente e assessore al ramo della Campania – E’ importante per le plastiche che rappresentano il 30/40% della componente secca del rifiuto urbano indifferenziato”. Poi, aggiunge, “bisogna potenziare le dotazioni impiantistiche per integrare la raccolta differenziata a casa con una separazione dei rifiuti riciclabili contenuti negli indifferenziati”. Tali potenziamenti debbono riguardare, secondo Bonavitacola, anche la frazione umida del rifiuto indifferenziato, perché possa essere stabilizzato e riutilizzato per interventi in campo ambientale. “In Campania - annunzia il Vicepresidente - stiamo attuando un programma su queste linee che ci consentirà di essere autonomi e chiudere il ciclo regionale entro il 2023”.
Quali insegnamenti trarre da questa condizione di estrema difficoltà, se non addirittura di emergenza in alcune realtà meridionali illustrata dalle cifre e dal report? Il nodo gordiano è la mancata chiusura del ciclo dei rifiuti al Sud, per la quale servono aziende adeguate, con una gestione imprenditoriale efficiente, e un regolatore pubblico forte, come spiega De Vincenti. Non si può andare avanti con le discariche né con i treni che portano l’immondizia, né tantomeno con realtà come quella della Terra dei Fuochi. I cittadini pagano costi insopportabili, ambientali e finanziari. Certo, servono impianti di compostaggio, ma non si può fare a meno dei termovalorizzatori. A Nord e a Vienna sono diventati modelli di efficienza e di ecologia. Nel meridione la politica spesso cavalca lotte contro questi impianti ma così facendo va contro gli interessi del Mezzogiorno.
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