28 febbraio 2021   Articoli

Il Mezzogiorno degli uomini da valorizzare

Carmelo Rollo - Corriere del Mezzogiorno

Carmelo Rollo - Presidente LegaCoop Puglia

Al Mezzogiorno è dedicato un paragrafo del discorso del Presidente Draghi pronunciato alle Camere in occasione del voto di fiducia. Un paragrafo nel quale si fa riferimento sostanzialmente a tre ambiti: occupazione femminile, capacità di attrarre investimenti stranieri e nazionali e garantire sicurezza e legalità.

Nella lettura complessiva del suddetto discorso, tralasciando la composizione della squadra di Governo, l’approccio complessivo appare evidenziare una certa inversione di tendenza rispetto al pensiero che riconosce nello sviluppo del Mezzogiorno l’occasione per rilanciare il Paese e tutta l’economia nazionale. Questo è stato il paradigma che ha accompagnato molte delle analisi rivolte alla questione meridionale negli ultimi anni laddove ci si interrogava sul come rilanciare il sistema Paese per uscire definitivamente dalle secche della crisi del debito sovrano e finanziaria iniziata nel 2008 e nella quale eravamo ancora impantanati all’alba dell’esplosione dell’attuale pandemia. Allo stesso tempo non può sfuggire che tale impostazione ha trovato anche espressioni importanti nell’azione degli ultimi governi, a partire da quello guidato da Gentiloni fino all’ultimo Conte, nei quali oltre al Ministero per il Sud era stata attuata una politica di intervento sul Mezzogiorno che ha condotto, anche se con modalità non perfettamente organiche, all’emanazione di decreti e misure dedicate, nonché all’elaborazione del cosiddetto Piano Sud. L’idea che il Mezzogiorno rappresenti un’opportunità, invece, svanisce nel programma dell’attuale Governo. Sembra ritornare un’idea di Mezzogiorno il cui sviluppo debba passare per l’iniziativa di agenti esterni, gli investitori privati nazionali e internazionali, e innestarsi sull’attivazione, ovvero collaborazione delle risorse locali.

Sembra una retrotopia impropria che ci riporta ad un periodo, quello che parte dagli anni 60, che appare non ripetibile e oltreché incoerente con le attuali condizioni socio-economiche del nostro territorio. Il Mezzogiorno oggi non è un’area che deve importare modelli di sviluppo o di impresa. Anzi forse deve smaltire l’impatto di una ritardata stagione industriale. Il Mezzogiorno è un’area che deve essere messa in condizione di liberare le proprie potenzialità e per farlo ha bisogno che siano garantite condizioni di contesto, ivi comprese le infrastrutture e i livelli omogenei di prestazioni essenziali, in grado di valorizzare al meglio le nostre vocazioni e le risorse autoctone. Tra queste ci sono le persone, quelle persone alle quali va data una centralità particolare nel dirimere delle strategie di rinnovato sviluppo: saperi, esperienze, conoscenze e abilità passano dalle persone e dalle loro relazioni. Non ci sono altre vie, il Mezzogiorno potrà rappresentare un’opportunità per il Paese solo laddove non verrà relegato ad un ruolo di sistema economico condannato ad essere sempre gregario. Da meridionali dobbiamo essere in grado di non permetterlo.

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