21 giugno 2021   Convegni

Sud & Nord: Sud&Nord - "Villa Nitti accorcia le distanze"

Introduzione, conclusioni e prospettive della tre giorni di Maratea, organizzata da Merita e Fondazione Nitti

Claudio De Vincenti - Economista - Promotore del Manifesto
Stefano Rolando - Presidente Fondazione Nitti

Villa Nitti 2021

Un’introduzione

 

L’iniziativa che Fondazione Nitti e Associazione Merita organizzano per il 18-20 giugno 2021 a Maratea riprende il tema – caro a Francesco Saverio Nitti - delle relazioni economiche, sociali, culturali e politiche che intrecciano i destini di ogni parte d’Italia. Un tema centrale per tutti coloro che hanno a cuore la costruzione di un Paese unito e protagonista dello sviluppo europeo e internazionale.

La lente con cui abbiamo scelto di guardare a una questione così vasta e complessa è quella dell’economia basata sulla conoscenza, quale asse portante di una crescita che finalmente realizzi la progressiva chiusura del divario economico e sociale tra Mezzogiorno e Centro-Nord, nel quadro dei valori di coesione territoriale e inclusione sociale che sono alla base di Next Generation EU. Una economia della conoscenza che noi pensiamo richieda, a suo fondamento, l’interazione – problematica ma feconda - tra cultura scientifica e cultura umanistica, tra “scienze dure” e “scienze sociali”, in una complessità che affonda le sue radici nella lunga elaborazione di pensiero che ha segnato la storia d’Italia entro la storia d’Europa.

E’ per questo che abbiamo voluto dare all’appuntamento di Villa Nitti – cui parteciperanno esponenti della cultura e dell’economia del Sud come del Centro-Nord - il titolo di “Umanesimo digitale”: a significare, seppure con una espressione inevitabilmente sintetica, quell’incontro tra modi di guardare diversi ma interdipendenti che riteniamo necessario per affrontare i nodi attuali dello sviluppo in Italia e in Europa.

Dopo l’introduzione di Mara Carfagna, Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, dedicata alla centralità che la rinascita del Mezzogiorno ha per le prospettive di crescita di tutto il Paese, la sessione di apertura del Convegno verterà proprio sull’interazione tra cultura scientifica e cultura umanistica quale fondamento di una economia basata sulla conoscenza. Seguiranno, la mattina del secondo giorno, due sessioni che approfondiranno l’analisi delle relazioni tra la ricerca scientifica, le innovazioni tecnologiche in corso nei settori dell’industria e dei servizi a rete e gli obiettivi della transizione verde e della coesione territoriale e sociale che stanno al centro della nuova strategia della Commissione Europea. Tematiche che verranno riprese da una diversa angolatura nel corso del pomeriggio, con due sessioni dedicate alla formazione del “fattore umano” - quale risorsa chiave di uno sviluppo basato sulla conoscenza - e al rapporto tra la ricchezza del patrimonio culturale italiano e la costruzione di un tessuto di valori condivisi. Infine, il Convegno si chiuderà con una sessione dedicata all’assetto costituzionale unitario del Paese, con l’intervento di Giuliano Amato, Vice Presidente della Corte Costituzionale, e una sessione finale sulle politiche di sviluppo e coesione che vedrà gli interventi di Daniele Franco, Ministro dell’Economia e delle Finanze, e di Paolo Gentiloni, Commissario Europeo all’Economia.

Cultura scientifica e cultura umanistica, economia basata sulla conoscenza quale fattore decisivo di una crescita innovativa e al tempo stesso inclusiva, sviluppo e coesione territoriale e sociale del Paese: tasselli di una identità nazionale italiana dalle molte sfaccettature ma profondamente radicata, di cui il Mezzogiorno è parte costitutiva essenziale.



Stefano Rolando, interventi nelle sessioni di apertura e di conclusione


Apertura

Nel luglio di due anni fa, qui in questa villa che il Presidente Nitti acquistò poco prima di assumere l’incarico di Premier tra il 1919 e il 1920  con una coalizione che comprendeva liberali, popolari e socialisti riformisti (lui appartenente allo storico partito radicale espressione dei liberali progressisti del tempo), Fondazione Nitti e il comitato per il centenario di quel governo autorevolmente presieduto da Giuliano Amato, si sono presi  il lusso di alleggerire un po’ il programma carico di eventi, ricerche e pubblicazioni scientifiche.  

Si sono dunque svolte qui in una magnifica serata all’aperto – proprio come un secolo prima erano avvenuti nella realtà - quattro pièces teatrali in cui, grazie a sapienti testi (uno dei quali di Fabrizio Barca), rivivevano i dialoghi che il Presidente svolgeva davvero tessendo il suo piano di riforme e di modernizzazione per l’Italia di allora.

Il Sindaco e amico Daniele Stoppelli – che ringrazio per molte cose e in particolare per la sua bella apertura - si ricorda che venne qui la popolazione residente, più che i turisti occasionali. Commossa per veder consolidata la mitologia di questo posto con una storia al tempo stesso magnifica e drammatica di un momento cruciale della vita del nostro Paese. Da quel giorno abbiamo pensato che questo luogo avrebbe dovuto essere degnamente e definitivamente destinato a ospitare colloqui di questo rilievo. Tra responsabilità di governo, di progettazione, di creatività, di studio e di laboratorio.  Senza l’eruzione nazionalista (con D’Annunzio e poi il fascismo) e senza il massimalismo a sinistra (che nel ‘21 segnò il successo della formula “faremo come in Russia” i nostri colleghi storici ci hanno spiegato che oggi si parlerebbe di età nittiana e non di una prolungata età giolittiana interrotta dal regime.

Quella democrazia progettuale ci sta a cuore allo stesso modo.  Allo stesso modo ci sta a cuore la condizione di disuguaglianza, di sfasatura nel pensare Paese e nel produrre Crescita che Nitti aveva mirabilmente tratteggiato ad inizio del ‘900 nel suo pamphlet dedicato a Nord e Sud.  Il tempo di questa meditazione ci ha condotto a ribaltare il punto di vista di un meridionalista-europeista che non vedeva la riscossa del Sud nell’assistenza ma nella educazione, nelle infrastrutture, nei piani di scienze delle finanze (fu giovanissimo ordinario alla Federico II). Dunque Sud e Nord. E il confronto – su comuni lunghezze d’onda – con l’Associazione Merita guidata da Claudio De Vincenti e Giuseppe Signoriello ci ha fatto immaginare il sottotitolo di questo ciclo che comincia oggi con una sperimentazione, una sorta di “numero zero”: Villa Nitti accorcia le distanze.

Il compito dei nostri comitati scientifici (specificatamente Luigi Mascilli Migliorini per la Fondazione Nitti e Amedeo Lepore per Merita) ci ha aiutato a immaginare la formula di un “Umanesimo digitale” in cui poter parlare di una piattaforma sullo sviluppo che comprenda l’impresa, la tecnologia, la formazione, la cultura.

E – in particolare nella mia ottica anche disciplinare – che comprenda anche il tema – fatemelo chiamare così – del macigno invisibile. L’evoluzione cioè degli stereotipi, dentro cui stanno rappresentazioni anche distorte, conoscenze reciproche inadeguate, costituzionalità smarrite, funzioni di accompagnamento sociale fragili.

Se funzionerà, poi daremo temi più circostanziati. Immaginando che il luogo in cui si accorciano le distanze non deve favorire pura vetrina, puro palcoscenico. Ma proposte. Per accorciare quel rischio di un’Italia troppo lunga che Giorgio Ruffolo (calabrese europeista) aveva disegnato ad alto rischio di frattura.

Associazione Nitti è uno dei soci fondatori della Fondazione, insieme alla Regione (qui rappresentata dal suo presidente il generale Vito Bardi che ha accolto con spontanea convergenza questo progetto), insieme all’Unibas (che è stata parte del programma fitto di molti eventi e la cui rettrice Aurelia Sole – che qui presiede un panel e che è anche vicepresidente della Fondazione – ha da poco lasciato il suo ruolo alla guida dell’ateneo al prof. Ignazio Marcello Mancini. Saluto qui presente l’on. Vito De Filippo, parlamentare e già presidente della Regione Basilicata per noi importante interlocutore nella fase di avviamento della Fondazione. Sono naturalmente soci fondatori anche i comuni di Maratea e di Melfi (la città natale di Nitti, con il nostro grande centro culturale operoso). E ancora per statuto con la presenza negli organi del Ministero dell’Economia e Finanze (che fu anche il Ministero di Nitti) e quello della Cultura (che fu anche il paradigma del far politica di Nitti).

A presiedere l’Associazione melfitana dei soci individuali (tutti voi potrete esserlo, ampliando questo sodalizio, basta iscriversi) è la nipote del Presidente, Patrizia Nitti, nata in Francia terra d’esilio della famiglia, le cui estati dell’infanzia e dell’adolescenza erano parte della vita di una grande tribù che in questa Villa aveva non solo il luogo di vacanza ma anche il luogo di una speciale formazione civile.

E’ questo lo spirito con cui abbiamo messo mano al programma che lascio alla competenza scientifica, politica e istituzionale del prof. De Vincenti di segnalarvi nei punti focali e nell’approccio di senso che lo anima.

Il mio compito ora è solo quello di ringraziare. Tutti coloro che hanno reso possibile l’evento. Tutti coloro che sono presenti, anche coloro che ci seguono a distanza. Coloro che stanno lavorando per l’evento (fatemi segnalare il gran lavoro di coordinamento operativo fatto da Giulia D’Argenio e da Edoardo Fabbri Nitti, il nostro team digitale che è una grande sicurezza, i rapporti con i media curati da Donatella Antonioli, la Pro Loco di Maratea) e sull’evento, a cominciare dai numerosi giornalisti presenti.  Grazie soprattutto ali ospiti davvero illustri che – dall’estero e dall’Italia intera – hanno accettato l’invito. A breve, tra di loro, la “nostra ministra” per definizione, cioè la ministra per il Sud e la coesione, l’on. Mara Carfagna che aprirà nel merito i nostri lavori.

Conclusioni

Siamo arrivati alla terza giornata, quella conclusiva, di un forum che ha avuto quattro sessioni tematiche e che, alla fine, registrerà il contributo di cinquanta relatori, quelli di questa sessione particolarmente autorevoli e comunque in primo piano – a cominciare dal ministro italiano dell’Economia e dal commissario europeo dell’Economia - rispetto al quadro decisionale che presidia il tema del “ravvicinamento delle distanze” tra Sud e Nord (tema globale e quindi anche europeo e non solo italiano).

Con Claudio De Vincenti esprimiamo molta gratitudine per chi ha detto, chi ha fatto, chi ha scritto, chi ha reso possibili collegamenti e relazioni.

La scommessa sulla agibilità di questa Villa, pur nel suo magnifico isolamento, a dirupo su uno dei mari più belli del mondo, possiamo dire che è stata vinta e che il percorso futuro di “Sud&Nord” oggi è più leggibile.

Fatemi ripartire per un momento proprio da questa Villa e dalla figura di Francesco Saverio Nitti che, attraverso questo luogo, ci è presente anche come paradigma storico di molte cose su cui qui si è discusso.

Ringrazio Franco Bernabè che ha messo a cornice del suo intervento la personalità complessa – teorica e politica – di Nitti.

Con parole moderne si può dire che Nitti appartiene, da precursore nel Novecento, al pensiero di chi crede che la crescita debba coniugarsi con l’equità. Bernabè ha ricordato l’architettura del pensiero e dell’iniziativa di Nitti nella relazione strategica tra pubblico e privato come equilibrio competitivo degli investimenti. E al tempo stesso si deve ricordare il suo rapporto con le fonti della conoscenza tecnologica più avanzata nel tempo per promuovere infrastrutture intese come volano dell’economia industriale. Prima di essere a capo del governo italiano Nitti fu l’inventore del progetto di industrializzazione di Napoli, fu (da parlamentare) il ricercatore sulla condizione sociale dei contadini meridionali (relazione che noi ripubblicheremo presto, spero insieme a una mostra di inediti fotografici della prima parte del ‘900  che fanno parte di un fondo su cui si sta lavorando presso il Touring Club Italiano), fu il creatore delle condizioni assicurative dei reduci e poi (con l’INA) di una estesa parte di società italiana, fu ministro del Tesoro che cambiò le regole della spesa pubblica. Fu colui che allargò il voto prima stretto a pochi secondo regole di censo. Ecco perché il nostro riferimento è ad una cultura dello sviluppo in cui, nella diversità dei territori, le condizioni socio-culturali siano un parametro di adattamento ineludibile (che oggi dovrebbe essere il tema complementare a quello ambientale nel parlare di “sostenibilità”).

Vorrei aggiungere qualche parola sull’andamento del dibattito qui.

Nel merito economico e delle politiche pubbliche dello sviluppo ovviamente sarà Claudio De Vincenti a dire cose più mirate. Io mi limito a qualche spunto di contorno.

·  Il primo è che il tema proposto dell’accorciamento delle distanze (non eravamo certissimi del riscontro) è passato come un parametro interessante, tanto che qualcuno si è spinto fino al punto da responsabilizzarci sulla “misurazione”.

· Il secondo è che ritorna – a proposito di Mezzogiorno – la conflittualità di visuale tra ottimisti e pessimisti (quella che fa distinguere nella storiografia del meridionalismo l’ottimismo di Nitti rispetto al pessimismo di Giustino Fortunato), così che, ad esempio, nella sessione del pomeriggio di ieri la discussione su Cultura e patrimonio (materiale e immateriale) ha visto prevalere l’ottimismo mentre quella su Scuola, formazione e università ha visto prevalere il pessimismo. Insomma abbiamo bisogno di un’intesa interpretativa sui dati per uscire da questa polarizzazione e cogliere piuttosto le linee di tendenza.

·  Il terzo è connesso all’idea di nord e sud, in cui alcuni contributi – mi riferisco ad esempio a quello di Massimo Deandreis – ci spingono giustamente verso la moderna e impellente visione geo-economica (e quindi anche geo-politica) del quadro euro-mediterraneo. A questo proposito mi sia concessa una citazione. Nel panel conclusivo – insieme alla prolusione di Giuliano Amato sulla nozione stessa di “unità nazionale” e gli interventi sullo scenario decisionale del ministro Daniele Franco e del commissario Paolo Gentiloni – sono previsti i contributi di due figure rilevanti della politica italiana alle nostre spalle che ha pensato Paese e al tempo stesso anche pensato Mezzogiorno, Gerardo Bianco e Anna Finocchiaro. Avremmo voluto estendere di più la rappresentazione. Ma il format ha limiti di vario genere. Così che ad una figura pensata come riferimento della nostra discussione – parlo di Piero Bassetti presidente di Globus&Locus, dunque una sorta di nord e sud della globalizzazione – che, nella sua nota settentrionalità e in una conversazione recente sulla pandemia che ha poi preso la via di questo piccolo libro edito da Luca Sossella, ha fatto questa affermazione: “Se noi ricominciassimo a fare un po’ di geopolitica avremmo chiaro che se non vogliamo tentare l’avventura della Brexit dobbiamo ripensare all’Europa vista con gli occhi di Federico II. Duca di Svevia, re di Sicilia, imperatore del Sacro Romano Impero. Dico: un tedesco che immaginava Palermo come capitale sovrannazionale e gli snodi lucani come mediatori essenzxiali9 degli interessi europei”.

·  Ultimo spunto che cito – vedendo Francesco Pinto ancora con noi in questa ultima sessione – è la controversia sullo stereotipo, che resta un bacino di ambiguità: da un lato la persistenza di immagini che rafforzano le distanze, dall’altro lato un cantiere in cui le distanze possono trasformarsi in diversità, lavorando però anche per una loro netta evoluzione. Mi pare un tema su cui dovremo immaginare una specifica occasione di approfondimento.



Claudio De Vincenti, Interventi nelle sessioni di apertura e conclusione

Apertura

Prima di tutto vorrei ringraziare il Sindaco di Maratea che ci ospita, ringraziare il Presidente della Regione Basilicata che ci ha messo a disposizione questa sede così bella, e ringraziare tutti i relatori, che porteranno contributi molto significativi di riflessione, di analisi e di proposta. Permettetemi però di ringraziare soprattutto Stefano Rolando e la Fondazione Nitti: l’idea originaria di costruire questo evento, che speriamo sia il primo di una serie di appuntamenti, è di Stefano Rolando e della Fondazione. Per l’Associazione Merita è stato molto bello lavorare con Rolando, con Lugi Mascilli Migliorini, con tutta la Fondazione Nitti: ci hanno fatto conoscere questa villa straordinaria – e qui grazie a Patrizia Nitti che ne ha appena richiamato la storia, una storia molto bella, profondamente umana – e hanno costruito insieme con noi di Merita il programma. Come ha detto prima Stefano, è stato un lavoro di bulino, di riflessione e di affinamento graduale.

Questo primo appuntamento si inserisce all’interno di un approccio che condividiamo pienamente tra Fondazione Nitti e Associazione Merita e che è l’approccio caro a Francesco Saverio Nitti: riflettere sulle relazioni economiche, sociali, culturali, politiche che intrecciano i destini di ogni parte d’Italia. Un tema caro a tutti coloro che vogliono fare del nostro Paese il protagonista dello sviluppo europeo e internazionale.

Naturalmente è un tema molto vasto e abbiamo così scelto per questo primo appuntamento una lente attraverso la quale guardarlo, che è quella dell’economia basata sulla conoscenza quale asse portante di una crescita che finalmente realizzi la progressiva chiusura del divario tra Sud e Nord. Enzo D’Errico ha richiamato i precedenti di questo tipo d’impostazione, di analisi e di proposta di politica economica. E noi pensiamo che l’economia della conoscenza – ce lo siamo detti fin dall’inizio della preparazione di questo appuntamento – abbia bisogno di trovare fondamento nell’interazione tra cultura scientifica e cultura umanistica, tra “scienze dure” e “scienze sociali”, una interazione e una complessità che sono proprie del nostro Paese, una caratteristica della elaborazione e del pensiero che hanno segnato la storia d’Italia, la sua storia entro la storia d’Europa, perché in questo veramente l’Italia è stata da sempre protagonista della cultura europea.

Ed è per questo che abbiamo dato questo titolo – Umanesimo digitale – alla nostra tre giorni, un titolo che sembra quasi un ossimoro ma che in modo sintetico, forse anche parziale, vuole dare l’idea di questo incontro tra le due culture. Un incontro che poi deve diventare molto concreto, quindi le nostre giornate saranno giornate che affronteranno problemi di sviluppo economico molto precisi e con proposte operative.

Cominceremo oggi, con l’introduzione di Mara Carfagna, Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, che sarà dedicata alla centralità che la rinascita del Mezzogiorno ha per le prospettive di crescita di tutto il Paese – lo diceva prima Giuseppe Signoriello – e continueremo oggi pomeriggio mettendo al centro della prima sessione proprio l’incontro tra cultura umanistica e cultura scientifica, come incontro vivificante che deve poi reggere anche i processi di ricerca scientifica e innovazione tecnologica che devono diffondersi nel tessuto economico. Il secondo giorno sarà dedicato proprio a come ricerca scientifica e innovazioni tecnologiche possano essere motore di sviluppo per l’economia del Mezzogiorno nel quadro dell’economia italiana e della rinascita europea e come per raggiungere questo risultato sia importante non solo lavorare sull’innovazione nell’industria e nei servizi ma anche lavorare sulla formazione del capitale umano, del fattore umano come fattore decisivo di una economia avanzata, moderna, basata sulla conoscenza, e lavorare sul rapporto tra ricchezza del patrimonio culturale italiano e costruzione di un tessuto condiviso di valori tra tutti gli italiani, da Sud a Nord. L’ultimo giorno tirerà le fila con l’intervento del Vice Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, che ci parlerà dell’unità nazionale nella Costituzione italiana, con quello di Anna Finocchiaro, una donna del Sud che ha rivestito incarichi istituzionali e politici molto importanti e oggi presiede la Fondazione ItaliaDecide, con l’intervento di Gerardo Bianco, Presidente di Animi, l’Associazione meridionalista storica, fondata da Giustino Fortunato; per concludersi poi con il Piano nazionale di ripresa e resilienza nel quadro di Next Generation EU come grande occasione per il Mezzogiorno e per tutta l’Italia, che sarà al centro degli interventi di Daniele Franco, Ministro dell’Economia e delle Finanze, e di Paolo Gentiloni, Commissario europeo all’Economia.

Chiudo rilevando come l’economia della conoscenza sia una chiave di lettura non solo molto ricca dal punto di vista dell’elaborazione teorica ma molto concreta sul versante delle proposte di politica economica per uno sviluppo del Mezzogiorno integrato nello sviluppo italiano. E come quindi possa aiutare a prendersi cura di quella che noi – Fondazione Nitti e Associazione Merita – crediamo sia una questione decisiva: l’identità nazionale italiana, che è fatta di mille sfaccettature – l’Italia è un Paese ricco di tante caratteristiche diverse, dalla Sicilia al Friuli, dal Piemonte alla Puglia, dalla Toscana alla Campania, e così via – all’interno di una cultura che ci lega tutti. La coesione e lo sviluppo sociale sono fondamentali per ridare smalto a questa nostra identità nazionale. Qualche volta tendiamo a sottovalutarla, ma se proviamo a guardarci dall’estero, a guardarci con gli occhi con cui gli altri ci guardano, allora le nostre differenze si unificano nel fatto che siamo tutti italiani, siamo l’Italia.

Conclusioni

E’ stata una tre giorni, compresa la mattinata che ci attende oggi, davvero ricca di contributi di analisi, di riflessioni, di proposte. Ed è stata una tre giorni contrassegnata da un modo di guardare alla questione meridionale nel senso di un Mezzogiorno che è chiamato ad essere protagonista dello sviluppo del Paese. E’ questa la stella polare che ci ha guidato nell’affrontare il tema dell’economia basata sulla conoscenza come fattore di uno sviluppo del Mezzogiorno integrato nello sviluppo italiano ed europeo, quindi un “accorciamento delle distanze” in un senso molto forte, di coesione del Paese e di coesione complessiva dell’Unione come comunità dei popoli europei.

Nella riflessione di ieri sul versante più squisitamente economico, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è stato il punto di riferimento del dibattito, raccogliendo le indicazioni che la Ministra Mara Carfagna aveva dato nella sua introduzione alla prima giornata dei nostri lavori, indicazioni riguardo in particolare al modo in cui il PNRR affronta il tema dello sviluppo del Mezzogiorno quale elemento essenziale per far ripartire tutto il Paese: l’Italia ha bisogno che il Meridione si riprenda e ha bisogno che il divario vada chiudendosi. Ha bisogno che questo obiettivo storico, che ci portiamo dietro da 160 anni, venga finalmente messo al centro dell’agenda della politica economica e sociale, della politica del Paese, come fu nell’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno che non a caso fu l’unico periodo della storia d’Italia in cui quel divario andò stringendosi in modo molto significativo, un’esperienza che trasse ispirazione anche dall’elaborazione e dai precedenti interventi di politica economica di Francesco Saverio Nitti.

La riflessione di ieri si è concentrata su come il tema dell’economia della conoscenza concretamente si cali, attraverso i processi di innovazione, nei gangli del sistema economico. Abbiamo avuto così una serie di contributi che ci hanno fatto vedere come l’innovazione percorra la trasformazione in corso nel tessuto economico italiano e internazionale, come tutto questo ponga problemi inediti, problemi difficili anche sul piano delle trasformazioni sociali e dei costi connessi, ma offra opportunità anch’esse inedite. In questi processi di innovazione e trasformazione ci sono due protagonisti chiamati a svolgere ognuno il proprio compito, il mercato e l’intervento pubblico. Il compito che il primo sta svolgendo lo abbiamo colto molto bene in diversi interventi che ieri hanno messo in luce come il mercato stesso attraverso l’impegno delle imprese e le competenze dei lavoratori – e nel Sud queste cose ci sono e vanno valorizzate e messe in campo – stia producendo innovazione e sviluppo di nuove attività economiche e forme di organizzazione sociale. Sono processi che sta alla società civile via via far crescere. Ma abbiamo anche visto come ci sia bisogno di un intervento delle istituzioni che sappia tenere il tessuto di questa vivacità spontanea del mercato, fornendo gli elementi necessari di connessione verso obiettivi di interesse generale. E come questo passi attraverso il sostegno alle forze più dinamiche, più vive presenti nell’economia italiana e nel Mezzogiorno. Ne è derivata una convinzione che ha percorso diversi interventi della mattinata di ieri: l’esigenza di imprimere anche vere e proprie discontinuità, quando necessario, saper vedere le nuove opportunità che si stanno aprendo perché gli stessi costi sociali possono essere affrontati solo se non si ha paura del nuovo ma ci si impegna a lavorare sul nuovo, a rendersi protagonisti dell’innovazione e a recuperare così quelli che potrebbero rimanere indietro, affinché nessuno rimanga indietro.

Un’altra parte degli interventi di ieri si è concentrata sulle condizioni di contesto che l’intervento pubblico deve creare, in particolare in termini di reti energetiche, reti di telecomunicazione, reti di trasporto e logistica, reti di servizi pubblici per la popolazione. E qui per un verso abbiamo discusso delle questioni strategiche riguardanti le grandi reti nazionali e della capacità di imprimere le innovazioni necessarie ad affrontare il tema della transizione verde e, per altro verso, abbiamo visto emergere anche qui il tema della discontinuità, in particolare quella di cui vi è bisogno nella gestione dei servizi pubblici locali per la popolazione: nel Mezzogiorno c’è bisogno di fare un grande salto di qualità nei servizi pubblici locali, che non è solo un problema di risorse ma è prima di tutto un problema di capacità gestionali e organizzative.

Collegato con tutto questo, abbiamo poi discusso nel pomeriggio di ieri – ne ha già parlato prima Stefano Rolando - di quello che dovrebbe essere uno dei cardini fondamentali dell’intervento pubblico, la formazione del fattore umano, il fattore chiave in una economia della conoscenza per aprire una nuova prospettiva all’altezza dei problemi di una economia avanzata. E anche qui abbiamo visto il bisogno di innovazione, l’esigenza di una discontinuità: saper riorganizzare per esempio i servizi scolastici, che non è solo un problema di risorse, ma è soprattutto un problema di gestione e organizzazione, di come quelle risorse vengono usate.

E infine, la giornata si è conclusa con una riflessione sulle rappresentazioni nazionali, sul patrimonio culturale straordinario del nostro Paese. E qui ci siamo ricollegati al tema della prima giornata, quello dell’interazione tra cultura umanistica e cultura scientifica come base necessaria per costruire una economia della conoscenza. Una interazione tra cultura scientifica e cultura umanistica che spiega il titolo che abbiamo dato a questa tre giorni, un titolo naturalmente sintetico, quindi anche parziale, che però racchiude il grande tema dell’interazione tra questi due modi di avvicinarsi ai problemi della contemporaneità.

Del resto, questa interazione è una delle caratteristiche portanti della lunga e complessa elaborazione di pensiero che ha segnato la storia del nostro Paese, una delle caratteristiche forti dell’identità nazionale italiana, una identità nazionale fatta di mille sfaccettature. Nel pomeriggio di ieri, quando abbiamo ragionato sulle rappresentazioni nazionali, sono emerse queste mille sfaccettature, queste diversità che percorrono il nostro Paese e che sono però una ricchezza del nostro Paese, perché trovano poi un legame profondo in quella che possiamo appunto chiamare l’identità nazionale italiana, la ragione profonda dell’unità del nostro Paese. Per dirla in modo semplice, se proviamo a guardarci dall’esterno, con gli occhi di un cittadino di un altro Paese del mondo, l’Italia è l’Italia, che va dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Sicilia, che passa per Firenze, per Roma, per Napoli, fatta di tante cose ma profondamente intrecciata. Pensiamo al “Viaggio in Italia” di Goethe, a come scopra via via tutti gli aspetti dell’anima italiana: e però è il “Viaggio in Italia”, dove l’Italia è vista come quest’insieme di tanti aspetti legati da un’identità comune.

Claudio De Vincenti, Stefano Rolando [1]

Provando a trarre un primo consuntivo della tre giorni di Maratea dedicata all’economia della conoscenza come fattore di sviluppo del Mezzogiorno integrato nello sviluppo italiano ed europeo, ci sembra di poter rilevare come tre forme per così dire di “ribaltamento” abbiano segnato quell’appuntamento. Ribaltamento dell’ottica abituale, chiamando l’evento ospitato a Villa Nitti Sud&Nord. Ribaltamento concettuale, con relatori che hanno fatto leva sulle singole tematiche settoriali per battere la strada delle proposte volte ad affrontare il tema generale di “accorciare le distanze”. Ribaltamento dei settori rilevanti, inserendo “alla pari” nell’analisi non solo il campo degli indicatori che compongono prevalentemente il PIL ma anche il campo degli indicatori qualitativi (formazione, educazione, cultura, immaginario, rappresentazione).

Un ruolo decisivo nello sviluppare il tema cruciale delle interazioni tra Sud e Nord – tema al quale è programmaticamente dedicata la proposta di questo nuovo luogo-evento - lo ha giocato sicuramente la presenza qualificante di due squadre di protagonisti: una squadra più identificata nelle esperienze pregresse, utili a comprendere la formazione dei conflitti, e una squadra più identificata nelle esperienze in atto – nell’impresa, nel governo e nelle analisi interpretative – sia in Italia che in Europa per mettere in evidenza proposte di soluzione. Nell’impegno comune di Fondazione Francesco Saverio Nitti, che da tempo si batte per valorizzare le radici storiche di un pensiero modernizzante sulla questione meridionale, e di Associazione Merita, che propone un accorciamento delle distanze basato su un Mezzogiorno non rivendicazionista ma protagonista dello sviluppo italiano.

Il luogo – Villa Nitti ad Acquafredda di Maratea - c’è ed è stato apprezzato per il suo carattere baricentrico, storico ed evocativo. Gli interlocutori “interpretativi” hanno dimostrato interesse e accettato di costruire l’adeguamento delle narrative. I protagonisti decisionali non si sono tirati indietro e hanno permesso di ascoltare nelle conclusioni l’approccio al tema sia del governo italiano sia del governo europeo. A tutti loro il nostro ringraziamento per la qualità degli interventi, la profondità delle analisi, la chiarezza delle proposte.

Nel merito dei temi discussi e dei loro possibili sviluppi futuri:

·   la centralità dell’economia della conoscenza, rivelatasi metodo di discussione e fattore di sviluppo per il Mezzogiorno, andrà profilata in una mappa delle buone pratiche in corso per ricavarne indicazioni operative e punti di forza da cui ripartire;

· l’interlocuzione tra Nord e Sud, asse portante della tre giorni, va ora approfondita, in un certo senso anche “stanando” il Nord rispetto alle incertezze di ruolo dell’ultimo ventennio;

·  la cornice euro-mediterranea (un nord più ampio del nostro nord e un sud più ampio del nostro sud) deve articolarsi in una molteplicità di voci e di temi, in relazione con l’agenda internazionale;

·  così come andrà scandagliata la persistenza di una questione di parità di genere che si acuisce, come evidenziato da Anna Finocchiaro, nel persistere del divario territoriale;

·  la natura del PNRR come disegno di sviluppo integrato del Paese, secondo le indicazioni dei ministri Franco e Carfagna, in grado di innescare finalmente un processo di riduzione del divario tra Sud e Centro-Nord, va approfondita in relazione alle complementarità e alle ricadute reciproche;

·  così come il monitoraggio sull’attuazione e sull’impatto del PNRR sarà tema centrale di prossimi appuntamenti utili per individuare le eventuali difficoltà e le modalità operative per superarle;

·  più in generale, andrà superato il “macigno invisibile” dei reciproci stereotipi attraverso l’interazione non solo economica ma culturale tra Nord e Sud;

·  un insieme di tematiche che andranno affrontate assumendo come cornice generale il tema costituzionale e civile dell’unità del Paese vissuto, come sottolineato da Giuliano Amato, nella consapevolezza delle diversità che lo compongono e del tessuto di valori condivisi dell’identità italiana: quello che nella giornata conclusiva è stato definito da Paolo Gentiloni come lo “spirito di Maratea”.


 


[1] Rispettivamente Presidente onorario della Associazione Merita e Presidente della Fondazione Francesco Saverio Nitti






 

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