Il silenzio assordante di Bruxelles su rincari e politica energetica
Davide Tabarelli - il Sole 24 ore
Come cicale che cantano al sole, gli Europei non si accorgono della crisi del mercato del gas, un po’ distratti dalle vacanze, un po’ preoccupati dagli scenari apocalittici del rapporto IPCC sui cambiamenti climatici appena uscito. I prezzi spot del gas il 12 agosto 2021 sono saliti a record mai visti di 45 euro/megawattora, più di quattro volte la media del 2020 di 10 euro. A ruota, quelli dell’elettricità sono schizzati in tutta Europa verso i 100 €/megawattora, con la solita Italia che ha i valori più alti a 125 euro. Per l’elettricità sono livelli superiori di oltre tre volte le medie del 2020.
Dal primo ottobre 2021, quando scatterà l’adeguamento trimestrale delle bollette, ci sarà un altro forte aumento delle tariffe, dell’ordine del 15%, in linea con quello dello scorso primo luglio che ha originato l’accelerazione del tasso di inflazione dall’1,3% di giugno all’1,9% di luglio. Inevitabile attendersi un ulteriore balzo verso 2,5% causato dall’energia regolata. La crisi del gas è dovuta a molteplici fattori. La domanda asiatica di energia si scarica su maggiori consumi di gas, anche perché di carbone, quello che loro si possono permettere, ce n’è poco. Più vicino a noi riguarda il calo delle forniture da Norvegia, il paese che dovrebbe abbandonare i fossili, e, soprattutto, dalla Russia, qui per problemi tecnici ad un sistema di trasporto obsoleto da cui passa un quarto delle forniture di gas all’Europa. Ciò avviene proprio mentre la domanda di gas in Europa è in salita, sia per il rimbalzo dell’economia, sia per le scorte da ricostituire, attualmente a minimi preoccupanti dopo un inverno particolarmente rigido durato fino a maggio. Inoltre, stanno arrivando meno carichi dagli USA di gas liquefatto, un po’ perché dirottati in Asia, un po’ perché la produzione interna da fracking, nel mirino di Biden, è calata.
L’intreccio sempre più stretto fra gas ed elettricità amplifica il tutto. Il calo di questi giorni spinge sui consumi di elettricità, che si produce spesso con il gas, in particolare in Italia. In Germania, il carbone, i cui consumi sono balzati quest’anno del 30%, non basta e, infatti, i suoi prezzi sono schizzati a 155 dollari la tonnellata il 12 agosto, massimo non visto dal 2008 e valore da confrontare ad una media del 2020 di 50 dollari. Per fortuna che quest’estate, a differenza di quella dei precedenti 3 anni, non si sono finora verificati problemi alle 53 centrali nucleari francesi, quelle che garantiscono al sistema elettrico europeo lo zoccolo duro della capacità di base. Infine, gli alti prezzi dell’elettricità sono spiegati dagli alti costi dei permessi di emissione di CO2, di nuovo tornati, dopo una breve pausa, a massimi oltre 55 euro, anche questi da confrontare con una media del 2020 di 25 euro.
Di fronte a tali dinamiche dei mercati dell’energia, è assordante il silenzio dell’Unione Europea che, dopo la fatica del pacchetto di direttive “Pronti per il 55”, o “Fit for 55”, sembra essere andata in vacanza, evidentemente interessandosi poco delle conseguenze che gli aumenti avranno sulle tasche dei consumatori e sul tasso di inflazione. Al ritorno i funzionari di Bruxelles riprenderanno ad occuparsi della tassonomia degli investimenti sostenibili e della proposta della maggioranza del Parlamento Europeo di escludere quelli destinati al gas, proprio mentre i prezzi, quale migliore segnale, ci indicano che mancano strutture. Due giorni fa il presidente Biden, per paura del surriscaldamento dell’inflazione, già oltre il 5%, ha chiesto all’Arabia Saudita di aumentare la produzione di petrolio per calmierare i prezzi della benzina. Noi Europei, quanto meno, potremmo chiedere al nostro vicino Putin cosa sta accadendo al suo sistema gas e chiarire se siano vere le voci circa problemi seri ai giacimenti per mancati investimenti. Nel frattempo i nostri politici riflettano bene sul fatto che quando scarseggia il gas si usa più carbone e non dimentichino nemmeno che di gas in Europa, sotto i nostri piedi, ce n’è ancora molto, in particolare in Italia. Un ragionamento da coscienziose formiche che si preparano per l’inverno, mentre le cicale cantano al sole d’agosto.
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