Un disegno per la mobilità sostenibile - Il Mezzogiorno nella strategia nazionale ed europea
Convegno in diretta martedì 16 marzo alle 17:30
Martedì 16 marzo alle 17:30 si è svolto il convegno organizzato da Merita con Matching Energies Foundation dal titolo "Un disegno per la mobilità sostenibile - Il Mezzogiorno nella strategia nazionale ed europea"
Sono stati con noi:
Enrico Giovannini - Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili
Carlo Tamburi - Direttore Enel Italia
Daniele Lucà - Senior Vice President SNAM SpA
Pier Lorenzo Dell'Orco - AD Italgas Reti
Massimiliano Garri - Head of Innovation & Market Solutions Terna.
Michaela Castelli - Presidente Utilitalia
Paolo Scudieri - Presidente ANFIA
Mario Mattioli - Presidente Confitarma
Clara Poletti - Componento Collegio Arera
Massimo Deandreis - Direttore SRM
Giuseppe Coco - Università di Firenze e di Bari, Socio promotore di Merita
Marco Zigon - Presidente di Matching Energies Foundation
Claudio De Vincenti - Presidente onorario di Merita
Modera Alfonso Ruffo - Direttore editoriale di Economy
Rivedi i precedenti appuntamenti dedicati all'energia:
Una scossa al Paese. Pulita, verde, sostenibile: l'energia che serve
Infrastrutture energetiche di qualità per il Mezzogiorno - Sulla strada della decarbonizzazione
Sud avamposto di rinnovabili e idrogeno
Position paper
Premessa
Trent’anni fa circa un documento della Commissione Europea coniò l’espressione ‘mobilità sostenibile’ all’interno di una strategia complessiva per i Trasporti della Comunità (Green Paper on the impact of transports on the environment, 1992). Il fatto in sé testimonia sia la lungimiranza della scelta europea, sia la centralità dell’Unione nelle politiche per affrontare fenomeni che sarebbero diventati di interesse globale, in particole le emissioni di gas serra e il riscaldamento globale.
La strategia del 1992 era essenzialmente diretta a contrastare le esternalità derivanti dal trasporto, principalmente congestione e inquinamento e, come naturale all’epoca, in una ottica locale piuttosto che globale. Da allora il termine mobilità sostenibile ha in effetti ricompreso una più articolata serie di significati e di dimensioni e si è trasformato per tenere conto di problemi e possibilità inimmaginabili all’epoca.
L’ampiezza della tematica è cresciuta nel corso del tempo e ad una questione di limitazione e compensazione delle esternalità locali, da affrontare sostanzialmente attraverso incentivi e miglioramenti tecnologici al margine, si sono aggiunte altre dimensioni sociali ed ecologiche non procrastinabili che pongono problemi ben più complessi di trasformazione e riconversione produttiva. Pensiamo in particolare alla combinazione di un problema di riscaldamento globale divenuto sempre più incalzante, con la constatazione della tendenza alla incessante crescita non lineare delle esigenze di trasporto. E’ quanto si è verificato nell’Unione Europea fino alla crisi del 2007, nonostante il rallentamento della dinamica demografica, per effetto di spostamenti medi per persona in aumento. La pausa dal 2008 è durata solo alcuni anni, ed è sostanzialmente legata alla recessione. Si è osservato così che, mentre la elettrificazione dei consumi e altri fattori tecnologici diminuiscono il consumo energetico ed in parte le emissioni in altri campi, quelli legati ai trasporti continuano ad aumentare.
A fronte degli obiettivi ambiziosi della Comunità le emissioni da trasporto nella UE sono cresciute nell’Unione da 828 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti a 1.141 milioni nel picco del 2007 e dopo alcuni anni di decrescita hanno ripreso ad aumentare per portarsi nel 2018/9 a circa 1.100 milioni, con un aumento rispetto ai livelli del 1990 quindi quasi del 33% (dati EEA). Se guardiamo alla suddivisione delle emissioni per modalità di trasporto, prevedibilmente i trasporti su gomma sono la modalità prevalente nel generare emissioni (più del 71%), ma secondo le previsioni della Commissione dovrebbero fornire un contributo importante negli anni a venire alla de-carbonizzazione con la elettrificazione e l’utilizzo di carburanti alternativi. Le ferrovie contribuiscono solo per l’1% alle emissioni, ma va detto che questo deriva dalla sola considerazione delle linee diesel (l’energia per le linee elettrificata è esclusa dal computo).
Se guardiamo alla dinamica delle emissioni per modo di trasporto possiamo identificare i trend da affrontare con più decisione. Sempre in 30 anni circa (dal 1990) le emissioni derivanti dal trasporto su strada sono cresciute del 26%, quelle da trasporto su rotaia diminuite (ma come abbiamo visto sono computate in maniera irrealistica) per effetto della elettrificazione delle linee. Sono aumentate rapidamente invece le emissioni da trasporto marittimo internazionale (+35%) e soprattutto quelle da trasporto aereo (+118%), anche qui soprattutto nel comparto internazionale. Va detto che l’aumento di emissioni in questi ultimi casi deriva da un aumento degli spostamenti, anche a fronte di un limitato miglioramento della efficienza energetica.
Il quadro italiano non è troppo differente, ma non comprende ovviamente le emissioni da trasporto internazionale e quindi i modi di trasporto terrestre sono di maggiore dimensione relativa. Sulle emissioni di CO2 da soli trasporti interni la ’gomma’ pesa per più del 91% (dati ISPRA), il 25% circa derivante da trasporto merci e il resto da trasporto passeggeri. Da rilevare che nel trasporto merci su strada la riduzione delle emissioni è stata pronunciata negli ultimi 20 anni, dal 2000 le emissioni del comparto sono diminuite di circa un terzo.
Alcune scelte di fondo
Diminuire i trasporti è una opzione percorribile solo in misura molto limitata in connessione alle nuove tecnologie digitali e in ultima analisi non desiderabile. Un sistema di trasporti efficace ed efficiente è alla base di ogni società prospera e libera. La circolazione di uomini e merci è alla base del mercato unico e del suo funzionamento competitivo. Peraltro il solo settore dei trasporti conta per il 5% del PIL europeo.
L’unica strada percorribile è quindi quella di una riduzione molto più drastica di quanto sia avvenuto finora delle emissioni senza limitare la circolazione di uomini e merci. Tutte le strategie europee dal 1992, in effetti, sono fondate su questo assunto.
L’obiettivo europeo complessivo di una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 richiede il perseguimento di obiettivi specifici ambiziosi nel settore dei trasporti. La recente Comunicazione della Commissione sulla Strategia per una mobilità sostenibile ed intelligente (SWD (2020) 331 final) ne fissa diversi, a partire da target su veicoli ad emissioni zero, città a impatto climatico zero, traslazione verso modalità di trasporto più sostenibili ed intermodalità. La mobilità sostenibile va in effetti realizzata in tre modalità principali:
- attraverso la transizione all’interno di ogni modalità di trasporto verso tecnologie e organizzazioni del trasporto a emissioni basse o nulle;
- attraverso la traslazione di mobilità verso modalità a più basso impatto, anche investendo in infrastrutture meno impattanti (la cosiddetta cura del ferro ad esempio);
- attraverso la predisposizione di corretti incentivi all’utilizzo di carburanti e fonti energetiche diverse, così come di infrastrutture e spazi congestionati.
La mobilità sostenibile va coniugata poi con strategie di mobilità intelligente in cui i flussi di informazione siano utilizzati in maniera completa e bidirezionale, dagli utenti ai decisori e gestori di servizi e viceversa, per minimizzare gli impatti avversi del trasporto.
Le linee di intervento di cui sopra richiedono di volta in volta un mix di politiche, sapendo che la semplice compensazione delle esternalità attraverso tassazione o tariffazione differenziale – per quanto necessaria - non basta a cambiare la traiettoria su cui siamo e generare sufficiente de-carbonizzazione. Secondo gli ultimi rapporti TERM della European Energy Agency, l’Europa era nel 2019 decisamente fuori target rispetto agli obiettivi di abbattimento delle emissioni da trasporto che si era data per il 2030 (riduzione delle emissioni specifiche al comparto del 20% rispetto al 2008). In particolare dopo una traiettoria decrescente fino al 2014, dovuta in gran parte alla recessione, le emissioni da trasporto hanno ripreso a crescere in maniera preoccupante.
Se questo è il quadro europeo, esso appare ancora più preoccupante a livello nazionale. Non esiste una esplicita strategia di mobilità sostenibile anche se alcuni atti normativi hanno tentato di implementare singole parti. La Legge 221/15 ha stanziato 35 milioni per strategie di mobilità sostenibile a livello comunale, in cui si gioca una grossa parte della partita, con lo spostamento del traffico da auto private a trasporto collettivo o forme non impattanti (scooter, biciclette o a piedi). Alcune città anche del Sud, tra cui Cagliari, Palermo, Bari e Lecce, hanno fatto progressi importanti negli ultimi anni (si veda ad es. Pinna, Masala e Garau (2017) in ‘Sustainability’). Tuttavia L’Italia rimane il paese in cui la mobilità con auto privata ha il peso maggiore.
La bozza di Recovery Plan del 12 gennaio scorso segue una logica antica, concentrata sul rinnovo dei parchi mezzi del trasporto pubblico, un obiettivo meritorio ma non sufficiente. Spostare il traffico verso mezzi collettivi richiede infatti pianificazione e ‘intelligenza’, nel senso di comprensione dei fattori che inducono il pubblico a spostarsi su mezzi più sostenibili. Oltre che infrastrutture e ricerca su mezzi e carburanti alternativi in filiere industriali di cui dobbiamo diventare leader.
Gli interventi da attivare
Abbiamo bisogno di un Recovery Plan incisivo, che combini strumenti di regolazione e risorse finanziarie nelle seguenti direzioni:
- un percorso graduale di ricambio del parco veicoli leggeri e pesanti (compresi, ma non solo, i mezzi del trasporto pubblico locale), che deve essere coerente con gli investimenti infrastrutturali necessari alla diffusione di impianti di ricarica elettrica e di distribuzione del gas;
- una politica industriale che solleciti e accompagni l’evoluzione della filiera dell’automotive e degli altri mezzi di trasporto verso modalità alternative di alimentazione, esplorando diverse soluzioni tecnologiche sia elettriche (specie per i veicoli leggeri) che a gas (specie per il trasporto pesante terrestre e marittimo);
- la ricerca sull’idrogeno per trazione e la sua sperimentazione in progetti pilota, anche circoscritti inizialmente a particolari aree o a particolari tipologie di mezzi (treni e flotte di bus per trasporto urbano);
- investimenti in infrastrutture per modalità di trasporto meno impattanti sia sulla lunga distanza (treni e AV-AC) sia sulla breve e in ambito cittadino (di nuovo trasporto su ferro e autobus ad alimentazione elettrica o a gas);
- sviluppo dell’intermodalità attraverso la pianificazione integrata delle reti e la creazione di nodi con infrastrutture multiple (Aereo/Treno AV, Porti/Infrastrutture ferro merci). La logistica merci in ambito cittadino va innovata con piccoli interporti che consentano lo scambio tra mezzi pesanti e mezzi leggeri, possibilmente a emissioni basse o zero per le città;
- resta infine il tema di una tassazione di tipo carbon tax proporzionale alle esternalità e al contributo di emissioni per carburanti diversi, che fornisca il quadro di incentivi ai comportamenti degli operatori coerente con la transizione verso la mobilità sostenibile.
Il Mezzogiorno è direttamente interessato alla strategia sopra delineata, sia in termini di riduzione dell’inquinamento e della congestione nelle città, sia per il rilievo sul suo territorio della filiera produttiva di mezzi di trasporto, sia per il ruolo dell’intermodalità nello sviluppo della logistica e portualità meridionali attraverso in particolare le Zone economiche speciali, sia infine per i minori costi e la maggiore disponibilità di energie rinnovabili necessarie a generare idrogeno verde. Non solo ma, come è evidente dagli esempi ora portati, proprio il Sud si presenta come territorio di elezione per realizzare alcune delle componenti essenziali della politica di investimenti necessaria per la transizione alla mobilità sostenibile
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