29 novembre 2022   Convegni

ZES, da acronimo a rete di opportunità - Ferrovie e portualità: laboratorio Puglia

Convegno in diretta martedì 6 dicembre 2022

Martedì 6 dicembre, dalle 15, il nuovo appuntamento di Merita organizzato in collaborazione con Ferrovie dello Stato è dedicato al tema dell'intermodalità e della logistica per lo sviluppo delle ZES, con particolare attenzione all'esempio pugliese.

PROGRAMMA:

Saluti di apertura:
Claudio De Vincenti, Presidente onorario della Fondazione Merita
Massimo Bruno, Chief Corporate Affairs Officer di Ferrovie dello Stato

Introduzione:
Giuseppe Coco, Univesità di Bari e Fondazione Merita

Interventi:
Gianpiero Strisciuglio, AD Mercitalia Logistics (Gruppo FS)
Ugo Patroni Griffi, Presidente Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale
Sergio Prete, Presidente Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio - Porto di Taranto
Sergio Fontana, Presidente di Confindustria Puglia

Conclusioni:
Edoardo Rixi, Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 

Coordina:
Maria Ludovica Agrò, Esperta di politiche pubbliche di sviluppo e crescita

Position paper

ZES: da acronimo a rete di opportunità

Ferrovie e portualità: laboratorio Puglia

(6 dicembre 2022)

 

Premessa

Le Zone Economiche Speciali sono uno strumento di politica dello sviluppo territoriale di tipo ‘place based’, ovvero localizzate in aree limitate e basate su specifici vantaggi delle localizzazioni, con una lunga storia di successi ed insuccessi soprattutto in Asia ed Europa. Si tratta di aree nelle quali il decisore pubblico decide di concentrare vantaggi di tipo fiscale sugli investimenti e sul reddito, procedure semplificate e investimenti infrastrutturali. Di fatto la scelta di istituire delle ZES comporta l’adesione all’idea che lo sviluppo non può che avvenire in maniera differenziata, che alcune aree possono avere pre-condizioni più vantaggiose in particolare per lo sviluppo industriale, e che queste vanno sostenute attraverso la creazione di condizioni favorevoli, che altrove non avrebbero di fatto effetto. La concentrazione dell’intervento svolge peraltro per gli attori economici certamente il ruolo di incentivo, ma anche il ruolo di coordinamento delle iniziative.

Le ZES sono entrate nel sistema normativo italiano con il cd. Decreto Mezzogiorno (art. 4 e 5) n. 91/2017. La loro concreta istituzione veniva demandata, sotto vincoli, alle Regioni, ma per una volta si compiva una scelta di politica industriale esplicita. Le ZES dovevano essere nel Mezzogiorno ed avere al centro un’area portuale (tra le cosiddette ‘core’), cui le aree della ZES dovevano essere organicamente e funzionalmente collegate.  Questo rifletteva una visione secondo la quale lo sviluppo industriale (o almeno il freno al declino) doveva essere imperniato sulla centralità della logistica nel determinare gli insediamenti industriali. La convergenza anzi tra logistica e industria era il presupposto della misura. Inoltre la norma nasceva dalla constatazione che i porti rivestono una rilevanza molto maggiore per il commercio estero nel contesto meridionale. Il 42% del commercio estero del Sud viaggia via nave (contro il 29% in media nazionale) per ovvie ragioni geografiche. I porti quindi saranno necessariamente il futuro economico del Sud. Alla luce di tutti gli sviluppi successivi la strategia era assolutamente giusta. Le tensioni sulle catene del valore, il loro accorciamento e le potenzialità del reshoring aggiungono una opportunità addizionale alla legislazione di vantaggio delle ZES. Le enormi trasformazioni in corso nel settore energetico rafforzano ulteriormente i motivi per puntare sulle ZES come concepite nel DL 91. 

Come detto, la misura è basata su tre tipi di vantaggi alle aree ZES: vantaggi fiscali, semplificazioni, infrastrutture. Il vantaggio fiscale principale consiste nella estensione del credito d’imposta automatico su investimenti industriali, esistente in tutto il territorio del Mezzogiorno, fino a 100 milioni. Successivamente i settori beneficiari sono stati estesi alla logistica e anche ad investimenti in immobili. La legge di bilancio per il 2021 ha anche concesso una riduzione delle imposte sul reddito del 50%, se collegato a nuovi investimenti. Le semplificazioni differenziali sono poche e molto dipendenti dalla struttura di governance. Di fatto esse dipendono da due elementi. Il primo è un buon funzionamento dell’istituto dello sportello unico digitale e dell’autorizzazione unica correlata in capo al Commissario ZES, l’organo di governo fondamentale. Il secondo sarà la capacità di sfruttare l’istituzione semplificata delle Zone Franche, in cui le imprese potranno operare ed esportare in esenzione di imposta sul valore aggiunto.

La terza gamba del funzionamento delle ZES è ovviamente l’esistenza di infrastrutture adeguate.  Questo implica porti efficienti e allo stesso tempo lo sviluppo di una capacità intermodale necessaria a rendere affidabili, economici e veloci i trasferimenti di merci. Questo elemento era, tra gli altri, dirimente nella scelta delle aree che le Regioni avrebbero dovuto fare nel Piano Strategico della ZES. In particolare il nesso infrastrutturale tra i porti e le aree ZES avrebbero dovuto essere a norma del DL 91, un criterio obbligatorio per la loro scelta. 

I problemi generali aperti delle ZES discendono dalla mancata osservazione dei criteri di scelta e dai prolungati problemi di governo delle ZES stesse, questioni in parte collegate. Dal lato della governance, i limitati poteri degli organi di governo delle ZES hanno prolungato il periodo di gestazione. La nomina di Commissari con poteri sostanziali potrebbe preludere a una iniziativa più incisiva. Rimane tuttavia il problema della assurda programmazione delle aree da parte di molte Regioni che hanno inserito nelle ZES aree molto distanti, totalmente disconnesse dai porti di riferimento e talvolta senza nemmeno una precisa vocazione industriale, a scopi di distribuzione omogenea di immaginari benefici ai territori. Ciò implica due difficolta per i Commissari: una difficoltà programmatoria derivante dalla eterogeneità estrema delle aree in alcune ZES, con vocazioni del tutto differenti; e una difficoltà gestionale di aree lontanissime con decine di comuni con cui gestire Conferenze di Programma qualora gli investimenti si materializzassero. A peggiorare la situazione gran parte dei benefici ZES sono stati estesi alle Zone Logistiche Semplificate attorno ai porti core del Centro Nord, riducendo in misura significativa il vantaggio differenziale dei porti meridionali. 

Gli investimenti infrastrutturali sono comunque uno dei nodi decisivi in cui queste difficoltà vanno affrontate. L’intermodalità e la cura del ferro non decollano nel Mezzogiorno. Dal 2003 al 2021, in particolare nell’export, mentre il traffico merci via mare aumenta quello via ferro addirittura perde quote seppur marginalmente (3% dal 4). Funziona solo la modalità RoRo nella quale i porti meridionali sono leader in Europa. Il traffico merci su ferro in entrata/uscita dai porti è aumentato in Italia, ma non c’è nessun nessun porto meridionale tra i primi 6 per traffico su ferro. E d’altronde nei porti meridionali, nonostante il 45% del traffico merci del paese, ci sono solo il 9% degli accosti dotati di binari collegati alla rete ferroviaria nazionale (dati SRM, Italian Maritime Economy, 2022). La stragrande maggioranza degli accosti è nei porti di del Nord-Est. Di fatto la modalità ferroviaria è oggi compressa nei porti meridionali.

PNRR e messa in moto delle ZES pugliesi

Il PNRR prevede 630 mln di euro di investimenti già programmati nelle aree ZES. A questi in realtà, si aggiungono ulteriori risorse da altri interventi da PNRR e altri fondi sui porti del Mezzogiorno. Si tratta di investimenti su:

  • collegamento di "ultimo miglio": realizzare efficaci collegamenti tra le aree portuali e industriali e la rete infrastrutturale ferroviaria e stradale facente parte delle reti di trasporto principali, così da consentire ai distretti produttivi di ridurre tempi e costi nella logistica;
  • digitalizzazione e potenziamento della logistica, urbanizzazioni green e lavori di efficientamento energetico e ambientale nelle aree retroportuali e nelle aree industriali appartenenti alle ZES; 
  • potenziamento della resilienza e della sicurezza dell'infrastruttura connessa all'accesso ai porti.

Per valutare la reale intenzione di far decollare le ZES, queste cifre vanno confrontate con le dimensioni del PNRR e degli investimenti complessivi da tutti i fondi nella portualità. Complessivamente il PNRR stanzia un totale di 25,4 miliardi sulla mobilità sostenibile, il MIMS stimava un investimento complessivo nei 6 anni di 61 miliardi. Per rimanere ai soli porti, la programmazione completa del MIT (su tutte le fonti di finanziamento) equivale a circa 10 miliardi di cui 9 già finanziati. Di questi il 37 per cento (3,4 mld) sono su interventi al sud, ma molto più frammentati che al nord. Solo per fare un esempio la diga foranea del porto di Genova e l’ammodernamento, anche per la Zona Franca, del Porto di Trieste, sono finanziate (anche da altri fondi) per quasi 1 mld di euro. Complessivamente lo sforzo di investimento infrastrutturale per i porti del sud, pur importante, non appare decisivo in termini strategici e forse è troppo frammentato.

Le Zone Economiche Speciali pugliesi scontano più di altre la tara di una cattiva progettazione da parte della Regione. La ZES adriatica in particolare si estende su 600 km di lunghezza da Nardò a Venafro e pone problemi di coordinamento e governo significativi. E’ quindi particolarmente difficile programmare una attività di promozione, dato che le aree incluse hanno praticamente tutte le vocazioni produttive e di esportazione immaginabili. Ognuna delle aree ZES delle diverse provincie ha specializzazioni di export assolutamente differenti (si veda il Nono Rapporto ‘Un Sud che innova e produce’ per dettagli). Nei giorni scorsi è stata licenziata la prima autorizzazione ZES che dà accesso ai benefici di Legge, anche se dobbiamo ricordare che l’investimento previsto, di 8 milioni, sarebbe rientrato comunque nei limiti autorizzati in tutto il territorio del Mezzogiorno per godere del credito d’imposta ordinario. Si tratta comunque di un segnale importante dal punto di vista dell’operatività delle strutture amministrative. Gli interventi PNRR nella ZES adriatica sono piuttosto limitati (si veda la scheda 1). Lavori di cold ironing sui porti di Bari e Brindisi sono appaltatati, ma è auspicabile un ulteriore sforzo di progettazione per proporre nuove infrastrutture sicuramente necessarie.

Il Porto di Taranto ha in programma interventi infrastrutturali più significativi soprattutto sul piano dell’intermodalità ferroviaria, che come abbiamo scritto rappresenta lo snodo fondamentale che incrocia tutte la priorità del PNRR. Gli interventi di sviluppo e ottimizzazione infrastrutturale sia all’interno del porto sia con la stazione di raccordo PM Cagioni, in particolare, potranno aumentare in maniera decisiva la capacità di trasporto ferroviario sia verso i porti di Brindisi e Bari sia verso la linea adriatica. L’adeguamento di infrastruttura a standard di carico e performance superiori può nel complesso aumentare la capacità di trasporto su ferro sulla dorsale adriatica in maniera notevole, consentendo allo stesso tempo una maggiore competitività dei porti meridionali e un contributo importante in termini di decarbonizzazione e di tutela ambientale dei territori attraversati. 

Complessivamente però gli investimenti e gli obiettivi di riorganizzazione del trasporto su modalità ferro in Puglia potrebbero essere molto più ambiziosi. Questa ambizione è certamente uno degli elementi necessari per trasformare le ZES da un oscuro acronimo a una concreta opportunità di sviluppo.

Scheda 1: Investimenti PNRR Missione coesione su ZES

Investimenti in PNRR: ZES Adriatica

  • Porto di Manfredonia: recupero e rifunzionalizzazione Bacino Alti Fondali (41 mln)
  • Termoli: potenziamento viabilità interna e sistema di depurazione consortile (8,75 mln €)
  • Termoli: realizzazione zona franca doganale (15,6 mln €)
  • Brindisi: opifici e centri servizi con centro di competenza per l'economia circolare (4,46 mln €)
  • Brindisi: viabilità consortile, reti di smaltimento acque e pubblica illuminazione (4,199 mln €)
  • Lecce: piattaforma digitale erogazione servizio alle aziende e gestione efficientamento energetico (2,683 mln €)
  • Lecce: centri di ricerca innovazione prodotti nel settore metalmeccanico a Lecce e nel sistema moda-design a Nardò-Galatone (2,6 mln €)
  • Lecce: reti viarie idriche e fognarie a Lecce, Nardò e Galatone (3,8 mln €)

Investimenti in PNRR: ZES Jonica

  • Porto di Taranto: infrastrutturazione primaria e accessibilità stradale e ferroviaria area "Eco Industrial Park" (50 mln €)
  • Area industriale Taranto: impiantistica e centro servizi di trasporto nell'area retroportuale (8,1 mln €)
  • Area industriale Potenza: infrastrutture e servizi della porzione di area Zes di Tito (20 mln €)
  • Area industriale Matera: infrastrutture e servizi dell'intera area Zes di Jesce e La Martella (30 mln €)

 

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