31 marzo 2021   Articoli

Un flop di gran successo

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

Tra le politiche per la coesione del nostro paese la Strategia Nazionale per le Aree Interne ha goduto di una grande favore. Pensata per uno scopo meritorio, il sostegno ai servizi essenziali nelle aree interne del paese, la SNAI è una strategia basata sui due pilastri della ideologia della Nuova Programmazione, concertazione e programmazione bottom-up. Il suo fallimento è evidente a ogni osservatore imparziale, tuttavia continua ad essere straordinariamente popolare tra gli operatori, al punto che il precedente Ministro per la Coesione l’ha riproposta nel PNRR con una dotazione di 1,5 miliardi. Opportunamente nei giorni scorsi il nuovo Ministro Carfagna ne ha ridimensionato lo stanziamento a 900 milioni. Rimane però il problema di ridefinire la politica in maniera radicale.

La SNAI richiede che una volta identificata una area interna, questa proceda con una negoziazione tra i suoi stakeholders alla definizione di una Strategia d’Area e poi, sulla base di questa, a un Accordo Quadro. Partecipano alla programmazione tutti gli enti territoriali, regioni, ministeri interessati e ovviamente le istituzioni della coesione. A volte decine di soggetti per ogni area interna. Si tratta della logica proposta alla fine degli anni 90 per i cd. Patti Territoriali. La SNAI ha una dotazione diretta di circa 600 milioni di euro, arrivata con progressivi rifinanziamenti a partire dalla finanziaria per il 2014. 

Il lettore ingenuo penserà che deve essere stata un successo strepitoso in termini di servizi agli abitanti delle aree interne se viene rifinanziata col triplo delle risorse. Non è esattamente così. Dal monitoraggio di pochi giorni fa risulta che delle 72 aree interne identificate nel 2014, 71 hanno concordato la Strategia d’area in 7 anni. Di queste, al 12 marzo 2021 solo 42 hanno sottoscritto anche l’Accordo Quadro, necessario per dare il via agli interventi. Nel Mezzogiorno ovviamente ancora peggio, su 27 aree interne solo 11 hanno formulato l’Accordo. Se si cerca un monitoraggio che vada oltre il semplice svolgimento di compiti amministrativi come la formulazione di accordi e piani, si resta delusi. In 7 anni più della metà delle aree interne del sud non hanno nemmeno completato la programmazione delle risorse, si immagini la fornitura dei servizi.

Ma come mai allora la SNAI gode di tanta popolarità? La SNAI piace molto a una parte della burocrazia che si occupa di coesione da lungo tempo. Come detto è l’erede di una filosofia di intervento e politiche su cui si sono formati molti degli ‘operatori’ della coesione. In quanto tale sfugge alla logica della valutazione oggettiva degli esperti ed entra nell’ambito della valutazione sentimentale, come quei vecchi amori di quando eravamo giovani cui pensiamo con grande indulgenza. Al momento il suo vero prodotto, dove ci sono, sono i giganteschi Accordi Quadro. Atti di Programmazione degni dei Piani quinquennali di sovietica memoria. Quello dei Monti Dauni solo per fare un esempio a caso è di 300 pagine circa (a valle della Strategia). 

E tuttavia prima o poi bisognava prendere atto che affidare troppe ulteriori risorse a una strategia che nel corso di 7 anni del ciclo dei fondi (14-20) non riesce a completare nemmeno la fase della programmazione è davvero una follia. D’altro canto una valutazione comprensiva dei Patti Territoriali, di cui la SNAI è l’erede diretta, è stata fatta, non dalle strutture preposte ma da Accetturo e de Blasio due ricercatori della Banca d’Italia nel 2011, e l’esito è stato molto negativo. Nei mesi scorsi peraltro una conferma della irrazionalità di affidarsi a strategie basate sulla concertazione è venuta poi da un articolo di alcuni ricercatori italiani di un think thank della London School of Economics basato interamente sui nostri dati della coesione (Crescenzi e altri). 

L’Italia ha bisogno di una Strategia per le Aree Interne, che non possono essere abbandonate, ma la SNAI va urgentemente riformata. Prima di tutto va abbandonata la logica della concertazione, essa espone a ritardi incredibili di cui hanno fatto le spese i cittadini di quelle aree. Inoltre, se veramente vogliamo salvare le aree interne dovremo accettare l’idea che non tutti i centri possono rimanere sostenibili. Altrimenti non lo sarà nessuno. In ogni caso bisogna prendere atto che il Re è nudo e cominciare una discussione su come rivestirlo.

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