02 giugno 2020   Articoli

Il corridoio che evita il Sud

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

Nei giorni scorsi la Commissione europea ha pubblicato un rapporto sull’impatto del virus sul turismo in Europa. Come ci si poteva immaginare L’Italia è uno dei paesi più colpiti. Il turismo pesa in Italia per il 13% sul PIL e per il 15% sulla occupazione. In termini di valore aggiungo aggregato ci supera solo la Germania (per le dimensioni); in percentuale pochissimi paesi a vocazione turistica. 

E’ evidente che dobbiamo elaborare una strategia per l’Italia e se possibile anche per le diverse zone. Lo stesso Rapporto cataloga le ripartizioni territoriali secondo diversi livelli di vulnerabilità da turismo, essenzialmente sulla base della intensità e della stagionalità. Tutto il Centro Italia è nella massima categoria di vulnerabilità. Al sud lo sono Gargano, Salento, Materano, Campania meridionale, quasi tutta la Calabria (tranne la provincia di Reggio) tre province rilevanti della Sicilia, (Catania, Palermo, Ragusa) e la Sardegna.

Da questi dati possiamo far partire una riflessione sui nostri interessi nazionali a fronte dell’emergenza. La prima conseguenza è che pochi paesi sono più interessati del nostro ad una riapertura ordinata dei confini nazionali e ad una ripartenza dei collegamenti di trasporto tra paesi. E’ altresì chiaro che questo non può avvenire in assenza di controlli e protocolli precisi per la sicurezza. Tuttavia bisogna anche vigilare a livello europeo che le limitazioni allo spostamento non abbiano carattere strumentale.

Il secondo grosso rischio da evitare è quello che si creino le cosidette Travel Bubbles, zone di libero transito caratterizzate da una scarsa presenza del virus. In pratica si tratta di gruppi di paesi che riconoscono reciprocamente la relativa sicurezza dei viaggi e creano canali preferenziali (o esclusivi) tra di essi. Esistono certamente discussioni tra paesi europei meno colpiti dall’epidemia. Una ipotesi di una simile zona formulata dall’Economist è di fatto un corridoio che dai paesi scandinavi (eccetto la Svezia) arriva alla Grecia attraverso i paesi dell’Europa centrale, tra cui la Germania, e quella balcanica. Si tratterebbe di una ipotesi catastrofica per l’Italia e per quella meridionale in particolare. Se infatti Roma e Firenze non sono replicabili e si può star certi che il turismo tornerà, non si può dire lo stesso delle spiagge del sud. Una volta rimpiazzate dalle coste dell’adriatico orientale e della Grecia sarà difficile riconquistare i turisti.

Da questo punto di vista non è stato molto lungimirante accomunare il Mezzogiorno d’Italia, una delle regioni in Europa in cui il contagio ha avuto i tassi più bassi, al settentrione. Non aiuta l’abitudine di presentare dati sui contagi e la mortalità a livello nazionale, che è presente in tutti i paesi europei. Ovvero ha senso se si parla del Belgio ma non dell’Italia o della Germania.

Non aiuta anche la retorica allarmista di molte autorità locali, che danno una perenne impressione di regioni sull’orlo di una recrudescenza della emergenza sanitaria. Al contrario si tratta di cominciare a raccogliere e pubblicizzare l’evidenza sullo stato reale del contagio nelle diverse regioni, con la coscienza che l’informazione che trasmettiamo avrà una influenza duratura sulla nostra performance non solo quest’anno. Il rigore quindi è utile se genera comportamenti adeguati. Non se trasmette all’esterno la sensazione che la popolazione sia irresponsabile e che avremo certamente una seconda ondata di contagi. Chi penserebbe di tornare a villeggiare in una regione del genere?

Infine, se ha senso enfatizzare le diversità tra regioni, ha anche senso cogliere l’occasione per riflettere sulla assurdità di alcuni dei confini regionali tra comunità che chiaramente appartengono alla stessa area sia economica che sociale, e in moltissimi casi anche storica e culturale. Spostarsi da Altamura a Matera o da Vasto a Termoli ad esempio è ancora complesso e bisogna dichiarare di conoscere le ordinanze dei Presidenti di Regione, che in questi mesi di certo non sono stati silenti. Non mi pare una buona organizzazione dei poteri sul territorio.

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