30 agosto 2021

Il federalismo irresponsabile

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

In passato ho fatto riferimento all’ascesa di un fenomeno e un tema politico che dominerà le prossime elezioni nel Mezzogiorno, il leghismo meridionale. Il leghismo meridionale consiste nella spiegazione di tutti i problemi del Mezzogiorno in termini di insufficienza della spesa pubblica e di conseguenza ha come programma essenzialmente la rivendicazione di maggiori risorse, soprattutto negli enti territoriali. Abbiamo visto il leghismo già all’opera in alcune giunte comunali, nel cosiddetto movimento dei 500 sindaci che rivendicavano una quota del 70% delle risorse del PNRR per il sud (senza avere nessuna idea coerente con gli obiettivi del Next Generation EU, di cosa farne). Ma soprattutto il leghismo meridionale lo vediamo all’opera nelle giunte delle principali regioni del Mezzogiorno, incarnato nelle figure di Emiliano e De Luca. Entrambi impegnati a convincere i loro elettorati che nessuna regione è governata meglio della loro. Dato lo stile autoritario e i notevoli poteri a loro disposizione, non possono ammettere che qualcosa non vada per il verso giusto, a meno che si tratti di una mancanza di fondi. Perché come è noto le regioni vivono di fondi dello Stato, non si devono assumere la responsabilità di aumentare le imposte per avere più servizi, quindi le risorse sono sempre poche e la colpa è dello Stato. E’ il federalismo irresponsabile all’italiana.

A supporto di questa politica è nata da tempo una figura altrettanto interessante di intellettuale. Io la chiamo ‘comparatore meridionale’. Il comparatore ha una funzione assolutoria più generale non solo per la classe politica, ma anche per la classe dirigente locale. Spesso in effetti ne è parte integrante. Ne elenco di seguito le caratteristiche fondamentali e il lettore attento riconoscerà una miriade di economisti, sociologi, giornalisti. 

Il comparatore attribuisce il declino relativo del Mezzogiorno all’insufficiente spesa pubblica, in particolare alla distorsione a favore del centro-nord. Osserva un divario, lo attribuisce alla spesa pubblica e tuona contro gli occulti responsabili. Quasi sempre però il comparatore non si occupa di dettagli, di settori di spesa o tantomeno della correttezza o meno dei meccanismi allocativi della spesa stessa sul piano logico, equitativo o dei suoi effetti di incentivo. Egli infatti è un grande stratega, si occupa del livello super-macro e la sua operazione è di solito moralistica. Non si occupa di mezzi, di politiche realizzabili. Pur volando egli altissimo però si fa stranamente fatica trovare i contributi del comparatore sulle riviste scientifiche internazionali. Sicuramente sono stati attentamente occultati dalla congiura della internazionale turbo-liberista.

Il comparatore si immagina keynesiano, della scuola della Buca. Tale scuola nasce dalla famosa affermazione di Keynes per la quale in certi periodi caratterizzati da aspettative ultra-recessive. anche pagare la gente per scavare buche e poi ricoprirle può aiutare. Il comparatore estende la teoria della buca a ogni periodo. Egli immagina che ci sia una leva che regola l’immissione di spesa pubblica nell’economia, di cui egli ritiene di essere sicuramente il più esperto manovratore. Qual è la intensità ottimale della spesa pubblica? Al massimo ovviamente. Non c’è misura che il comparatore ritenga indegna di essere finanziata in misura maggiore di quanto già lo sia e coraggiosamente egli perora ognuna delle diverse opere pubbliche e trasferimenti in maniera equanime di fronte all’opinione pubblica. 

Avrete capito che la mia intenzione è semiseria. Ci sono specifiche spese che ci converrebbe aumentare per crescere di più, anche se bisognerebbe dire onestamente quali altre spese abbiamo privilegiato mentre diminuivamo quelle utili. E ci sono casi nei quali il Mezzogiorno è stato penalizzato dalla distribuzione della spesa pubblica, anche se le responsabilità vanno spesso cercate accuratamente nelle incapacità delle amministrazioni e della politica meridionale. Non so se questa retorica della spesa pubblica, che fa una presa molto forte su una opinione pubblica come quella meridionale stremata da una crisi infinita, prevarrà. Ma sono certo che nel momento in cui penseremo che senza risorse ulteriori che arrivino senza condizioni, senza progetti seri e amministrazioni che funzionano, il nostro destino è segnato. E’ per questa ragione che nelle prossime elezioni ci converrà ascoltare i candidati che hanno idee concrete sul da farsi con le risorse che ci sono, e competenze per convincere che le risorse ulteriori del PNRR che ci verranno affidate non saranno spese in buche e regali, piuttosto che quelli che, programmaticamente indignati, additano il solito nemico esterno per spiegare il nostro stato.

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Politica

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