Le ricette banali sulla scuola
Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno
Periodicamente torna di moda, ma sempre senza conseguenze, la questione della inadeguatezza della scuola meridionale e delle abilità conseguite dei ragazzi del Mezzogiorno.
Di fatto l’unica ricetta che gli esperti riescono a proporre è l’aumento della spesa. La scuola italiana è chiaramente sottofinanziata, e sempre di più man mano che si sale di livello scolastico- abbiamo da decenni preferito come collettività altre poste di bilancio.
Ma non ci sono evidenze di un sottofinanziamento speciale del sud. Vi sono invece enormi differenze nell’abbandono scolastico che si coniugano a performance assolutamente diverse tra studenti di aree diverse del paese, come rilevate nell’unica maniera possibile ed equa, i test standardizzati INVALSI e PISA.
L’eminente storico Canfora si è unito al coro di lamentele sull’uso dei test, che sarebbero una mostruosità, con la motivazione che non incoraggerebbero la creatività. La realtà però è che in assenza dei test noi non sapremmo assolutamente cosa sta davvero succedendo nella scuola meridionale, vedremmo solo schiere di studenti promossi con voti altissimi o molto bassi, valutazioni discrezionalissime che chiaramente nascondono la verità.
I test di certo non sono uno strumento di misurazione perfetto (come nessun esame), ci raccontano però una storia in aggregato più simile alla realtà, e c’è una dose di ipocrisia nella profonda avversione che suscitano.
Per quanto imperfetti ad esempio i test sono equi, non registrano se il candidato è figlio di un professore universitario, capitano d’impresa o di un carpentiere, nell’attribuzione del voto, e forse questo spiega meglio perché sono così odiati proprio in ambito borghese. Trascurano imperdonabilmente quell’indefinibile non so che dei figli dei ricchi, e motivano meglio gli altri.
La scuola del sud è allo sbando. Invalsi registra una quantità preoccupante di studenti che, pur avendo conseguito titoli di scuola superiore, si classifica nella categoria della dispersione implicita, ovvero studenti il cui livello culturale non è nemmeno adeguato al livello scolastico inferiore.
Verrebbe da chiedere quale tipo di capacità critica il test Invalsi non è in grado di rilevare in uno studente che non sa chi sia Dante o Leopardi.
Negli ultimi anni, nonostante il nostro paese rimanga stabilmente tra i peggiori in Europa, la dispersione esplicita ovvero la percentuale di ragazzi che non completa l’obbligo, è scesa, ma quello che la scuola del sud riesce a fare è solo tenere questi ragazzi tra i banchi, senza alcun apprendimento. Se credete che la dispersione esplicita sia molto diseguale tra aree del paese, tenetevi forte.
In Calabria i ragazzi che, pur conseguendo titolo di studio secondario, non raggiungono nemmeno livelli basilari di abilità delle scuole medie sono il 16 per cento del totale.
Tutte le regioni del sud tranne Puglia e Molise hanno percentuali sopra il 10 percento. Nessuna regione del nord ha percentuali sopra il 5%. E questo nonostante la maggiore presenza di immigrati al nord.
E’ spiegabile tutto ciò in termini di spesa? La risposta è un secco no. La spesa per studente è all’incirca la stessa, la numerosità media delle classi inferiore al sud che al nord (in particolare nelle regioni che performano peggio), gli insegnanti sono più anziani, quindi più esperti, anche meno dinamici o aggiornati, ma soprattutto sono stabili e stanziali al sud.
Nel complesso non è per niente ovvio che la scuola del sud debba performare peggio per ragioni legate alle risorse. Ci sono solo due comparti nei quali la spesa è minore, l’istruzione pre-scolare e il tempo pieno nella scuola elementare.
Sicuramente la minore frequenza di queste modalità al sud è rilevante. Ragazzi con background svantaggiato, molti più al sud, potrebbero beneficiare grandemente dall’istruzione pre-scolare.
Tuttavia nessuno si chiede come mai gli asili sono molto meno comuni al sud e i sindaci sono stati quasi costretti a richiederli nel PNRR. E’ quasi certo che in realtà al sud non sia l’offerta ad essere deficitaria (anche perché abbastanza sostituibile con fornitura privata), ma la domanda.
Avremo un problema a convincere famiglie con uno o più membri che non lavorano a lasciare andare all’asilo gli amati figli, probabilmente problemi maggiori nelle famiglie che più ne avrebbero bisogno.
Inoltre INVALSI racconta tutt’altra storia sul divario. Nella scuola elementare, senza aver fatto l’asilo e tempo pieno, gli studenti del sud performano in maniera non significativamente differente da quelli del nord. Il vero crollo avviene nel test di terza media e prosegue nelle superiori.
Cosa avviene nelle scuole medie del sud? E come faremo a convincere famiglie riluttanti a mandare i figli all’asilo? Queste sono le domande che ci si dovrebbe porre se si ha a cuore il destino dei bambini del sud per davvero. Ma è molto più facile e popolare raccontare una storia di diritti negati e di spesa pubblica mancante.
Perché, anche se l’evidenza ci dice il contrario, nel mondo semplificato di alcuni studiosi tutto è spesa pubblica, e tutto si spiega con la spesa pubblica. Curiosamente questo mondo è molto simile a quello che esso critica più aspramente, il mitologico mondo degli odiati neoliberisti: quello in cui tutto, compresa la cultura, si compra solo col denaro.
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