Il miracolo dei sussidi
Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno
Il Decreto Coesione prevede una drastica riforma della decontribuzione che aumenta gli sgravi per nuovi contratti, ma elimina quella per i lavoratori in servizio voluta da Provenzano nel 2020. Quest’ultima modifica ha prevedibilmente sollevato un vespaio di polemiche con l’accusa al Ministro Fitto di voler smantellare una misura che ha sostenuto l’occupazione al sud in maniera determinante negli ultimi anni.
Ricordiamo che La decontribuzione Sud concede uno sconto del 30% dei contributi a carico dei datori su tutti i lavoratori dipendenti del Mezzogiorno e che scade a giugno 2024.
Ho già scritto che in pratica questa misura è un puro trasferimento di ricchezza ai datori di lavoro, perché non riguarda i nuovi occupati, quindi non incentiva niente, e non discrimina tra settori. Il costo, stimato attorno ai 4 miliardi l’anno, poi rivelatosi un po' più basso (3,3), è davvero esorbitante.
Per avere una idea delle proporzioni, la consistenza di tutti i fondi europei di coesione è di 42 miliardi circa in 7 anni. La decontribuzione da sola per gli stessi 7 anni costerebbe quasi 25 miliardi, molto più della metà di tutti i fondi europei. Si è trattato di un modo di fare spesa di coesione molto facile, ma estremamente inefficiente.
La cosa più sorprendente però è che come me la pensavano praticamente tutti gli economisti degni di questo nome, ed anche le valutazioni della misura approntate dall’INPS. La decontribuzione a tappeto, praticamente la misura di politica economica più popolare negli anni 80, è stata associata senza dubbio al periodo di massima spesa pubblica e di minore efficacia di quella spesa.
Tanto che più volte sia SVIMEZ, attraverso ad esempio la massima esperta di incentivazioni, Grazia Servidio, che meridionalisti di diverso orientamento come Carlo Trigilia, hanno ripetutamente stigmatizzato l’uso prolungato della decontribuzione a tappeto come strumento di politica per lo sviluppo.
Varie pubblicazioni della SVIMEZ certificano ad esempio che la massima inefficacia delle politiche di sviluppo si raggiunse nella seconda metà degli anni 80 quando la decontribuzione aveva raggiunto una quota del 75% della spesa totale per le attività industriali nel Mezzogiorno.
Che poi la decontribuzione Sud dei nostri anni abbia avuto effetti marginali sull’occupazione nel Mezzogiorno è certificato dal Rapporto INPS di quest’anno, che conduce una delle poche valutazioni credibili di misure di politica economica che si siano mai viste in Italia.
Nonostante il discredito totale di lunga data sullo strumento però, la sua eliminazione ha immediatamente causato una levata di scudi addirittura dalla stessa SVIMEZ, che ne ha più volte stigmatizzato l’uso per il passato, bollandola come parte di ‘una deriva assistenzialistica’.
Come si spiega il miracolo del cambio di opinione? È ormai evidente che l’eliminazione di sussidi e spesa pubblica è diventata impossibile nel nostro paese. Mentre la spesa per servizi e per investimenti langue, anche per incapacità, ogni vantaggio privato diventa non eliminabile anche quando palesemente inefficace o addirittura deleterio.
Nella nuova versione la decontribuzione, molto più generosa, è però opportunamente riservata ai nuovi assunti di categorie svantaggiate, e con contratti a tempo indeterminato, come dovrebbe essere. I
n questo caso però sono marginali i vantaggi differenziali della decontribuzione al sud (che il decreto chiama inopportunamente Bonus ZES), rispetto alla generale decontribuzione introdotta dallo stesso testo per i soggetti svantaggiati nel resto del paese (Bonus Giovani e Bonus Donne). Si tratta essenzialmente di tetti di decontribuzione maggiori e di una platea più ampia (in particolare di disoccupati over 35). Non molto.
Rimane il fatto che la levata di scudi ha costretto il Ministro a promettere che aprirà un negoziato con Bruxelles per prorogare la decontribuzione. C’è solo da sperare che, come in altre circostanze, sia la Commissione a costringerci ad azioni nel nostro interesse e proibirci di spendere denaro dei contribuenti italiani senza effetti reali, obbligandoci a un décalage dell’aiuto abbastanza veloce.
La decontribuzione è infatti proibita dalle norme comunitarie e fu autorizzata nel 2020 come aiuto al funzionamento delle imprese, in deroga, solo in considerazione la grave situazione post-covid.
Oggi che il mercato del lavoro tira come non mai, gli stessi che usarono l’argomento della recessione capovolgono la logica e dicono che non si può interrompere il sostegno al mercato del lavoro proprio perché tira. Come avete capito nel nostro paese ogni stagione bella o brutta non è quella in cui si interrompe un trasferimento privato o un regime speciale di tassazione.
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