ILVA & GAS/ Le scelte per far andare a braccetto industria e transizione energetica
Angelo Colombini - Il Sussidiario
La sentenza del Consiglio di Stato che annulla l’ordinanza di chiusura dell’area a caldo degli impianti di Acciaierie d’Italia (ex Ilva) di Taranto ripropone il tema della compatibilità di alcune attività industriali, basilari per la competitività internazionale del Paese, e i fondamentali processi di decarbonizzazione delle stesse nell’ottica della sostenibilità ambientale e della tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori.
L’accelerazione dei programmi di abbattimento delle emissioni di anidride carbonica derivanti da produzioni cosiddette “hard to abate” (difficili da abbattere) rappresenta comunque una priorità per uno sviluppo industriale ecocompatibile; in particolare sul caso dell’acciaieria di Taranto le istituzioni e le forze sociali dovranno favorire rapidamente l’avvio di piani di riconversione energetica degli impianti, evitando condizionamenti pregiudiziali e di carattere ideologico.
È pertanto giunto il momento di accompagnare con scelte chiare e determinate questi processi. Le risorse (2 miliardi di euro) sono state individuate nel “Just Transition Fund”, programma finanziario della Commissione europea dedicato alla transizione energetica e ambientale di territori particolarmente esposti alle emissioni carboniche (per l’Italia sono stati individuati la provincia di Taranto e l’area del Sulcis Iglesiente in Sardegna), e confermate poi anche nel Pnrr; il Governo ha, inoltre, indicato il gas naturale quale vettore energetico sostitutivo del carbone da utilizzare per ridurre significativamente nel breve-medio termine le concentrazioni di anidride carbonica derivanti da produzioni ambientalmente invasive.
La “rivalutazione” nell’immediato del gas naturale, riproposta dal Ministro Cingolani rispetto a quanto previsto dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) del Governo Conte-2, mira proprio ad accelerare la sostituzione del carbone; il Ministro su questo tema è stato molto chiaro: “Abbiamo un target di decarbonizzazione al 2050 e uno parziale al 2030; dobbiamo fare uno sforzo concreto per abbattere la parte di fuel di natura fossile. Credo che il gas sarà l’ultimo a sparire, perché ci consentirà di portare avanti la transizione”.
Un’opzione, questa del Ministro, che si è tradotta anche nella concessione di quattro anni aggiuntivi per la realizzazione del gasdotto Poseidon, di competenza della società IG Poseidon (joint venture tra Edison e l’azienda pubblica greca DEPA) e che metterà in collegamento il gas naturale proveniente dei giacimenti israeliani e ciprioti, attraverso il gasdotto Eastmed, alle coste pugliesi con terminale previsto ad Otranto.
Servirà pertanto nei prossimi decenni ancora molto gas naturale per sostenere la riconversione energetica; l’utilizzo esclusivo di fonti di energia rinnovabile è traguardato al 2050 e questo necessario e doveroso obiettivo, fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, dovrà essere accompagnato da una razionale programmazione delle importazioni di gas naturale. Rammentiamo che l’Italia ha una produzione interna in calo progressivo (dati 2019 al minimo storico del 4,6% del fabbisogno totale) e che le importazioni prevalenti sono provenienti dalla Russia con il 46% sul dato complessivo 2019.
L’Italia, in accordo con la Commissione europea, ha pertanto avviato da anni dei programmi di diversificazione delle importazioni di gas naturale, individuando le “rotte” dell’area caspica e del Mediterraneo mediorientale quali integrative dell’attuale condizione e rispondenti anche a opportune logiche geopolitiche di messa in sicurezza del Paese e della stessa Ue.
Questi programmi vedono la regione Puglia come territorio privilegiato nell’approdo di queste vie alternative; l’esperienza del gasdotto TAP, che ha creato tante polemiche nel Salento, sta invece dimostrando che è importante garantire l’accesso da Caspio e Medio Oriente, senza nessuna conseguenza sul piano dell’equilibrio ambientale. Questa situazione, debitamente accompagnata dagli investimenti per l’adeguamento degli impianti, di converso potrebbe rappresentare un’opportunità per la rapida sostituzione del carbone utilizzato dall’acciaieria tarantina, garantendo la continuità delle produzioni e il miglioramento della situazione ambientale.
Come già indicato precedentemente, è il momento delle scelte definitive per salvaguardare la tenuta industriale del Paese, soprattutto in aree fragili come quelle del Meridione, e l’equilibrio ecologico e ambientale per favorire prospettive di sviluppo sostenibile alle generazioni future.
Il percorso di transizione, come affermato da diversi esperti, non sarà un pranzo di gala e ogni scelta comporterà delle rinunce e dei costi mettendo a rischio la competitività del Paese. È importante aver ben presenti i conti finali, perché non sempre le scelte che sembrano oggi più di moda sono realizzabili in tempi brevi e inoltre nel lungo periodo potranno avere impatti negativi maggiori di quelle scelte che a oggi sembrano meno all’avanguardia (come viene spesso trattato il gas naturale).
La Cisl, come sempre dimostrato nella sua storia, è pronta ad assumersi le responsabilità che competono a un’organizzazione radicata e rappresentativa di importanti aree del mondo del lavoro, senza pregiudizi e con l’obiettivo di rendere il Paese più efficiente e vivibile, avendo come imprescindibile criterio di scelta la tutela e la salvaguardia delle lavoratrici e dei lavoratori.
Seguici sui social