18 febbraio 2021   Articoli

L'Ital Recovery e il Sud del Sud

Leandra D'Antone - La Sicilia Catania

D'Antone Leandra - Professore senior di Storia contemporanea all’Università di Roma La Sapienza

Che il Sud sia la prospettiva strategica per l’uscita dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica italiana, è ormai idea condivisa dall’ambito europeo a quello nazionale. Non solo perché nelle regioni meridionali si sono concentrati gli effetti più elevati della grande crisi finanziaria del 2008/2012 (effetti non ancora azzerati), e successivamente gli effetti della pandemia sulle strutture sanitarie, ma anche su un tessuto economico-sociale più debole. 

Nel Sud si concentrano anche le maggiori capacità di ripresa, potendo sviluppare enormi risorse non valorizzate o sottoutilizzate grazie soprattutto ad una posizione al centro del Mediterraneo divenuta ormai irrinunciabile per la stessa Unione. Per questa ragione oggi un nuovo “interesse straordinario per il Mezzogiorno” dopo quello che fu alla base della ricostruzione italiana e del “miracolo economico” nel secondo dopoguerra, orienta il programma EU Next Generation, ispirato ad investimenti urgenti, non solo nelle strutture amministrative, sanitarie, scolastiche, produttive, ma anche nel contenuto tecnologico e nella qualità ambientale delle reti energetiche e di comunicazione materiali e immateriali; al primo posto nella mobilità sostenibile. 

In questa prospettiva l’UE ha destinato all’Italia ben 209 miliardi di euro, oltre 110 in più di quelli che le sarebbero spettati senza considerare il peso del Sud per i più drammatici indicatori del Pil pro-capite, e della disoccupazione. Le regioni Calabria e Sicilia, che si caratterizzano per gli indicatori di sviluppo e di occupazione più bassi con perdita maggiore di capitale umano, per la posizione geografica mediterranea più strategica, per la qualità più bassa delle infrastrutture della mobilità, e particolarmente dei trasporti terrestri di lungo raggio ed interregionali, hanno quindi un ruolo, e una responsabilità, massimamente rilevanti. 

Il Recovery Plan approvato dal Parlamento il 12 gennaio, pur con correzioni sulla prima bozza in cui erano scandalosamente assenti investimenti urgentissimi, è tuttavia ancora gravemente carente riguardo al Sud, al punto da poter configurare una nuova divisione dell’Italia in due sistemi di mobilità, e quindi anche in due diversi diritti di cittadinanza, come avvenne negli anni cinquanta-sessanta al momento della costruzione del sistema autostradale: nel centro-nord e fino a Napoli fu realizzato un sistema di rete in concessione e a pedaggio con una qualità più elevata delle autostrade e quindi dei complessivi servizi di trasporto; nel Sud fu realizzata un’unica autostrada longitudinale, da Salerno a Reggio-Calabria, destinata a servire tre regioni, di qualità ingegneristica elevatissima, ma di qualità trasportistica assai minore, essendo unica via longitudinale con percorso prevalentemente montano e anche per questo senza pedaggio. 

Negli anni sessanta nessuna regione meridionale si mobilitò per l’omogeneità del sistema autostradale italiano, ed anche per questa scelta a Sud di Salerno non esiste oggi l’alta velocità e tutte le altre modalità, non competitive, comportano difficoltà materiali, tempi e costi della mobilità assai più elevati che al centro-nord.  Nell’ultima versione del PRRN, sotto l’asse Napoli-Bari, figura ora l’ingannevole l’Alta velocità di Rete (con velocità massima 200km orari, quindi una finta Alta velocità); i porti meridionali sono relegati a relazioni turistiche e infra-mediterranee, trascurandone la portata produttiva e relazionale entro i sistemi logistici delle zone economiche speciali (ZES). 

Si tratta di distorsioni già indicate dall’Unione europea e all’attenzione del nuovo Governo, come è apparso oggi nel limpido discorso di insediamento del Presidente Draghi. Inoltre, a differenza che in passato, è oggi viva la consapevolezza dell’ingiustificabile isolamento territoriale in cui versano soprattutto le regioni del Sud del Sud. Ieri i Professori ordinari siciliani e calabresi di trasporti e costruzioni di strade ferrovie ed aeroporti di tutte le  Università della Sicilia e della Calabria, hanno inviato, secondo la Terza missione Anvur di impegno scientifico per territorio al nuovo Governo, un appello unitario con l’indicazione di tre priorità che non devono mancare nel Recovery Plan: l’Alta Velocità ferroviaria a 300 KM orari come nel Centro-Nord sulle relazioni Salerno-Area dello Stretto, destinate al solo trasporto passeggeri (Roma- Reggio Calabria in tre ore e Messina-Catania-Palermo in un’ora e mezza), mantenendo il transito delle merci sulle linee ad Alta Capacità  ( come avviene in tutti i più avanzati paesi europei); il completamento e la sistemazione delle autostrade e l’adozione in esse delle ultime tecnologie Smart; investimenti ancora incredibilmente mancanti nella portualità e particolarmente nei Porti di Gioia Tauro ed Augusta, i più importanti d’Italia rispettivamente per il transito di navi containers e nel traffico energetico.  

L’Alta velocità permetterà con il Ponte sullo Stretto di Messina, di percorrere la tratta Roma-Palermo in 5 ore e genererà di per sé un incremento dell’1% del Pil delle due regioni. Oggi l’Italia ha potuto riconoscere nel Presidente del Consiglio i toni patriottici ormai dimenticati di una classe dirigente di un grande Paese; parallelamente la voce delle competenze tecniche e civili territoriali migliori, e particolarmente quella levatasi dal Sud del Sud a favore delle indispensabili opere di civiltà delle loro regioni e del loro Paese, sottolineano fuor di retorica, una speranza di Risorgimento in un mondo più grande. 

 

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