Taranto, finalmente risorge il Cis. Ma resta aggrovigliato il nodo Ilva
Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno
Le nebbie che sul Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto si erano accumulate negli ultimi due anni hanno cominciato a dissolversi lunedì scorso, quando il Presidente Conte, insieme ai ministri direttamente coinvolti, ha tenuto nel capoluogo jonico la riunione del Tavolo di coordinamento. Il CIS è stato così riabilitato quale strumento chiave per la realizzazione della strategia di risanamento ambientale, rilancio infrastrutturale, rigenerazione urbana e diversificazione produttiva dell’area di Taranto.
Era questa del resto la funzione con cui il CIS era stato istituito nel 2015 dall’allora Governo Renzi, con una dotazione di 860 milioni di euro portata poi dal Governo Gentiloni a oltre 1 miliardo, realizzando e avviando nel biennio 2016-17 lavori per 500 milioni, di cui 260 di spesa già allora erogata. Lo strumento era stato poi inspiegabilmente accantonato all’inizio di questa Legislatura, col risultato di una pesante frenata nell’attuazione degli interventi.
Benvenga allora la riattivazione del Contratto Istituzionale di Sviluppo con la quale lunedì scorso il Presidente del Consiglio ha potuto procedere alla posa della prima pietra dell’Ospedale San Cataldo, alla pubblicazione delle gare di progettazione per sei interventi sulla città vecchia, al passaggio della ex-stazione Torpediniere nella disponibilità dell’Autorità portuale, all’avvio della Zona Franca Doganale nell’area del porto, all’inaugurazione del corso di laurea in Medicina e Chirurgia (quest’ultimo è un intervento nuovo rispetto alla precedente programmazione CIS). Come pure, una nota positiva viene dalla prospettiva di un investimento del Gruppo cantieristico Ferretti nell’area ex yard Belleli.
E’ giusto quindi, dopo la visita del Presidente del Consiglio e gli impegni presi, riconoscere al Governo il merito di una ripresa di iniziativa su Taranto e augurarci che l’azione di risanamento e rilancio proceda concretamente. Era questo il percorso seminato e curato dai Governi della passata Legislatura: rimarcarlo oggi è importante perché, quando si verifica, la continuità nell’azione di governo può infondere nei cittadini un po’ più di quel bene, purtroppo ormai scarso, che è la fiducia nelle istituzioni. Così come sarebbe fondamentale procedere anche a riattivare la strategia delle Zone Economiche Speciali, in particolare rendendo operativa la ZES jonica, che è rimasta ancora sulla carta nonostante possa costituire un volano decisivo per attrarre investimenti e attività produttive in tutta l’area.
Resta però ancora aggrovigliato un nodo decisivo per il presente e il futuro di Taranto: mi riferisco ovviamente al destino del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, dalle cui sorti dipendono l’occupazione e il reddito dei lavoratori direttamente coinvolti, nonché tanta parte del tessuto produttivo e dell’occupazione nell’insieme della città e del territorio provinciale. La scadenza del 30 novembre oltre la quale Arcelor Mittal (AM), in base all’accordo del marzo scorso, ha diritto a recedere dal contratto ove non sia stata definita una nuova struttura societaria e con essa il piano industriale che la sostiene, si sta avvicinando senza che siano ancora chiari i contorni dell’operazione.
Al momento sappiamo solo che il Governo ha individuato in Invitalia la società pubblica che deve fare da perno della compagine societaria, da costruire coinvolgendo soggetti finanziari e industriali che affianchino o sostituiscano Mittal. Inoltre, incontrando proprio lunedì scorso i sindacati, l’esecutivo ha ribadito gli obiettivi del piano industriale in materia di livelli produttivi e occupazionali previsti dall’accordo originario, con cui due anni fa AM aveva rilevato la gestione dell’Ilva, e si è impegnato a coniugarli con un progetto di progressiva transizione verde.
E’ urgente quindi che il Governo metta sul tavolo tutti i tasselli necessari per una soluzione positiva, sapendo che, per confrontarsi con la concorrenza su un mercato globale come quello dell’acciaio, c’è bisogno di capacità imprenditoriali, innovazione, efficienza. Servono per questo condizioni di contesto chiare: un piano industriale e un’AIA coerenti tra loro, un quadro di regole certo e stabile nel tempo per l’attività di imprese impegnate nel risanamento ambientale di situazioni compromesse da comportamenti passati.
Attuazione concreta del Contratto Istituzionale di Sviluppo e soluzione imprenditoriale per il risanamento ambientale della ex-Ilva sono, qui e oggi, i due perni su cui costruire il futuro di Taranto.
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