28 febbraio 2021   Articoli

Fare ordine nel caos delle autonomie per sfruttare meglio il Recovery

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Claudio De Vincenti - Economista - Promotore del Manifesto

E se l’attuazione del Recovery Plan fosse l’occasione per rimettere in ordine il sistema di governo multilivello – Governo, Regioni, Enti locali – che, nella sua irrisolta conflittualità, paralizza da tempo il nostro Paese e ne cristallizza i divari economici e sociali? Superando magari anche le contraddizioni che hanno portato in un vicolo cieco la questione delle autonomie regionali e locali?

Nel dicembre 2019, quindi prima della pandemia, era già chiaro – lo scrivevamo in questa rubrica - come l’impostazione normativa dell’allora Ministro Boccia avrebbe finito per arenarsi su più di una “contraddizion che nol consente”: determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) subordinata al varo delle intese per l’autonomia differenziata, invece di esserne la precondizione necessaria; garanzia per le Regioni firmatarie di intese che, ove non si definiscano in tempo i Lep, il finanziamento continuerà comunque a basarsi per loro sulla spesa storica; assenza di criteri per stabilire competenze e funzioni trasferibili in forma differenziata a singole Regioni. Un ginepraio che affondava le sue radici nel vizio di origine di tutta la vicenda: pretendere di varare “ulteriori forme” di autonomia differenziata senza aver prima definito un sistema generale di autonomie regionali e locali in corretto rapporto con le prerogative costituzionali dello Stato centrale.

Ora il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) dovrà trovare modalità di attuazione tali da superare la paralisi conflittuale delle competenze e da sostenere l’utilizzo rigoroso delle risorse per innescare un percorso di effettiva chiusura dei divari territoriali. E’ essenziale per realizzare i necessari investimenti pubblici in infrastrutture e risanamento ambientale e sostenere gli investimenti privati in innovazione e capacità produttiva. Ossia per fare in modo che il Piano abbia, in coerenza con le linee-guida europee, un impatto forte sulle capacità di crescita dell’economia italiana.  

Oltre che agli investimenti infrastrutturali e produttivi, una parte delle risorse andrà dedicata a potenziare quei servizi che, proprio perché fondamentali per la qualità della vita e la coesione sociale, hanno un ruolo rilevante nel sostenere quello che noi economisti chiamiamo il capitale umano, fattore fondamentale di crescita e sviluppo dei territori. Parliamo di sanità, istruzione, trasporto locale, acqua, rifiuti: quale rapporto istituire per questi servizi, che sono a gestione regionale e comunale, tra risorse del Recovery Plan e risorse ordinarie a disposizione delle autonomie?

Sappiamo che i fondi del Recovery devono essere indirizzati a costituire capitale che favorisca la resilienza dell’economia e della società italiana, quindi devono principalmente finanziare spese in conto capitale o anche spese correnti purché produttive e non permanenti. Perciò, sono compatibili col Recovery spese in edilizia e attrezzature sanitarie o scolastiche, investimenti in reti e mezzi di trasporto locale, reti idriche e impianti di chiusura del ciclo rifiuti, non invece spese negli stipendi del personale addetto a questi servizi. Queste ultime, peraltro fondamentali affinché quelle strutture di servizio non restino inutilizzate, dovranno trovare fonti di finanziamento permanenti nell’ambito del bilancio pubblico italiano.

E qui torna in ballo l’assetto dei rapporti tra i diversi livelli di governo - nazionale, regionale e locale - ossia la questione del sistema complessivo delle autonomie, che andrà impostata in modo da accompagnare costruttivamente gli investimenti del Recovery Plan. Si tratta allora di ripartire dalla Legge 42 del 2009 per tradurre finalmente in pratica i Lep e i fabbisogni standard cui commisurare le risorse a disposizione di Regioni ed Enti locali.

Rispetto a quella Legge è necessario però fare un passo avanti senza il quale essa rischia di rimanere ancora una volta inattuata. Il fatto è che, laddove si ha una particolare carenza di un determinato servizio, non ha senso prevedere il finanziamento del relativo Lep senza vincolo di destinazione: si rischia così facendo di avallare un uso delle risorse per spese che con quel servizio non c’entrano nulla. La modifica da introdurre, di importanza decisiva per colmare il divario del nostro Meridione, consiste nel definire un percorso temporale di attivazione e ampliamento del servizio condizionando la disponibilità delle relative risorse per la Regione o per il Comune al conseguimento effettivo dell’obiettivo stabilito.

In sintesi, se vogliamo che il PNRR sia l’occasione per sbloccare lo sviluppo del Mezzogiorno, gli investimenti del Recovery vanno accompagnati costruendo un sistema di responsabilità di tutti i livelli istituzionali basato su un assetto ordinato delle autonomie nel rispetto delle prerogative costituzionali dello Stato centrale.

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