«Nord e Sud, stesso destino la coesione fa bene a tutti»
L'intervista a Vito Grassi - Il Mattino
Presidente Grassi, cosa vuol dire esattamente “Sud e Nord insieme verso l’Europa”, il tema del convegno di Confìndustria in programma oggi per l’intera giornata alla Stazione marittima di Napoli?
«Vuol dire che senza una forte politica di coesione l’Italia non riuscirà a recuperare il terreno perduto rispetto all’Europa in questi ultimi 20 anni, soprattutto nel Mezzogiorno, come emerge dai dati, che presenteremo durante il meeting. Siamo andati indietro per un ventennio - risponde Vito Grassi, vicepresidente per le Politiche di coesione territoriale e Presidente del Consiglio delle rappresentanze regionali di Confindustria che aprirà stamane i lavori le cui conclusioni sono affidate al presidente di Confindustria Carlo Bonomi e alla ministra per il Sud Mara Carfagna Dobbiamo provare a cambiare lo schema di gioco, per usare una metafora sportiva, partendo dal fatto che il Pnrr e gli altri fondi europei e della Coesione mettono a disposizione del Mezzogiorno circa 210 miliardi nei prossimi 10 anni, una cifra che equivale quasi ad una manovra di Bilancio all’anno. Non ci sono più alibi, bisogna agire».
Nord e Sud legati insomma dallo stesso destino?
«Assolutamente sì. Perché il ritardo accumulato è grave in tutti i territori ed è più accentuato al sud. Quindi servono le stesse politiche di sviluppo per tutte le regioni, imprimendo più impulso in quelle meridionali. L’iniziativa di oggi vuole dimostrare come sia necessaria la collaborazione tra tutti i territori per raggiungere gli standard europei di riequilibrio territoriale che la stessa Ue ci chiede. Le imprese delle regioni meridionali hanno già dato prova di coesione e forte interazione con la proposta sullo sviluppo dell’economia del mare per tutto il Paese e intendono proseguire su questa strada partecipando attivamente a un grande patto pubblico-privato per accelerare la messa a terra delle risorse europee. Ovvero, verso una nuova, forte convergenza su obiettivi comuni che coinvolga politica e istituzioni, sindacati e imprese, università e ricerca. Questo è il momento di lavorare tutti insieme con grande responsabilità».
Cosa vuol dire patto pubblico-privato nel concreto?
«Per esempio garantire che i fondi sui grandi asset del Pnrr siano assegnati contemporaneamente a tutti i territori. Assicurando una spinta maggiore a chi, come il Mezzogiorno, deve recuperare. Oggi abbiamo una grande occasione perché possiamo contare sul confronto con un governo che conta su una maggioranza ampia e, dunque ha margini di operatività molto concreti. Non c’è più spazio per discussioni ideologiche, serve invece mettere insieme tutti gli attori e definire insieme le azioni di sviluppo economico per condurre fuori dalla palude la parte più debole del Paese e, di conseguenza, consentire all’Italia intera di tornare a crescere a ritmi in linea con quelli europei».
Pensa alla manifattura, presidente?
«Certamente alla manifattura, che ha permesso all’Italia di confermarsi al secondo posto in Europa nonostante il pesante crollo degli investimenti pubblici, specie al Sud. Ma mi riferisco anche all’opportunità di potenziare l’offerta formativa, le infrastrutture fisiche e digitali e gli interventi previsti nei territori del Mezzogiorno che esprimono eccellenze produttive. Si tratta di veri e propri prototipi di efficienza, che possono contribuire in modo concreto alla crescita del Pil nazionale».
I ritardi del Sud però sono impressionanti: cosa si aspetta dalla politica?
«Noi siamo imprenditori, quindi siamo abituati a ragionare in termini di cultura d’impresa. Questo vuol dire definire obiettivi comuni su cui poi si converge e si lavora insieme. Dalla ricerca al Terzo settore c’è uno spazio di collaborazione enorme per tornare a crescere e restituire al Paese la dignità che merita Ma il punto di partenza è la coesione territoriale, perché è il vero collante della ripresa del Paese. Per cambiare il paradigma operativo, serve generare coesione a monte e mettere prima a terra i progetti in cui la coesione del territorio è stata trasferita a tutti gli attori. I dati sono oggettivi: la politica industriale degli anni scorsi non ha favorito il Mezzogiorno che sicuramente sconta una serie di criticità ben note, ma non può e non deve restare la zavorra del Paese. Non possiamo più rimanere indifferenti di fronte al fatto che la maggior parte degli incentivi alle imprese attivino investimenti al Nord invece che al Sud».
Va confermata la decontribuzione Sud?
«Va prorogata e negoziata in termini strutturali con le Autorità europee, ma in una logica di progressiva riduzione del cuneo contributivo a livello nazionale. Si tratta di una logica anticipatoria che dovrebbe essere applicabile anche in altri ambiti e negoziata con la Commissione Europea».
Intanto però bisogna attivare sui territori il Pnrr: quali sono i vostri dubbi?
«Premesso che il lavoro della ministra Carfagna è assolutamente positivo e risultati come la riforma delle Zes o la definizione dei Lep per gli asili nido sono significativi, ci sono dei nodi che dovrebbero essere sciolti: qual è lo strumento a cui si sta pensando per invertire la rotta? A nostro giudizio è fondamentale una profonda revisione e semplificazione degli strumenti di politica industriale a sostegno delle imprese, che devono garantire un vero vantaggio differenziale nell’attrazione degli investimenti e nel funzionamento dell’economia per poter avviare percorsi di sviluppo e di reale convergenza economica tra le aree del Paese».
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