Diamoci una mossa con riforme e investimenti
Amedeo Lepore - Economy Mag
Le conseguenze economiche e sociali della pandemia non sono state simmetriche, come la diffusione del morbo a livello globale, ma hanno colpito diversamente Paesi e territori, complicando la possibilità di ripresa delle aree arretrate rispetto a quelle più avanzate. In Italia, il COVID-19 ha aggravato una debolezza preesistente di tipo sistemico, che si è manifestata con tutta evidenza nell’accresciuta divergenza tra Nord e Sud e nel recupero molto lento dell’economia dopo l’ultima crisi. Per di più, il virus ha trafitto il settentrione più produttivo, riservando al Mezzogiorno minori problemi sanitari, ma una prospettiva molto più impervia. La reazione alla crisi attuale di origine esogena, che ha fatto precipitare sia la domanda che l’offerta, deve essere unitaria in tutto il Paese, puntando su un audace cambiamento di fondo dell’economia, delle istituzioni e della società.
Durante la fase dell’emergenza, come spesso accade, il Sud non ha sfigurato, soprattutto per merito di gran parte dei meridionali e del loro senso di responsabilità, ma ora che vengono al pettine nodi strutturali e atavici mali, la prova si fa ardua e richiede il dispiegamento delle migliori energie di questa parte come del resto dell’Italia. La confusione provocata dagli interventi distonici delle Regioni e dello Stato e le divisioni della politica nazionale non hanno contribuito a fornire finora una risposta valida anche per il futuro, facendo prevalere terapie immediate, mediazioni e rinvii. Al contrario, occorre una scossa per affrontare adeguatamente i principali problemi italiani, costituiti da produttività, debito pubblico, sistema formativo e divario. Si tratta di temi connessi tra loro, che richiedono una visione di lungo respiro per essere risolti. La produttività è ferma dalla metà degli anni novanta e penalizza la capacità competitiva del Paese, nonostante rappresenti ancora la seconda manifattura europea dopo la Germania. Il peso del debito, che aumenterà in maniera consistente per effetto delle manovre di contrasto alla pandemia, è aggravato dal suo costo, durevolmente più elevato rispetto al tasso di crescita del PIL. Il complesso della scuola e dell’università sta manifestando, insieme a una notevole resilienza in condizioni difficili, anche i suoi limiti nella riduzione delle distanze con il sistema produttivo e le imprese in termini di disponibilità del necessario capitale umano. Il divario tra il Nord e il Sud resta, come lo definiva Giuseppe Galasso, il principale “problema aperto” e rischia di pregiudicare il rilancio dell’intera nazione. Al tempo stesso, il Mezzogiorno può svolgere un ruolo fondamentale, nel quadro delle strategie di sviluppo, se riesce a cogliere l’occasione di una discontinuità storica, puntando sulla diffusione dell’innovazione digitale e della bioeconomia. Del resto, le ricorrenze che cadono quest’anno, il settantesimo della Cassa per il Mezzogiorno e il cinquantenario delle Regioni, rimandano, rispettivamente, all’idea del Sud come risorsa per tutto il Paese – da quell’esperienza, infatti, nacque la spinta primaria per il “miracolo economico” – e all’esigenza di una nuova coesione tra lo Stato e i suoi territori, in una logica di scelte omogenee ed efficaci.
In questo contesto, i provvedimenti per il futuro, da adottare al più presto, riguardano due obiettivi di fondo: le riforme e gli investimenti. Nel primo caso, che comprende una vasta opera di disboscamento burocratico, si impone un nuovo rapporto tra Stato e mercato, nell’ottica di una sinergia inedita per modernizzare la pubblica amministrazione e rendere più efficiente l’economia. Nel secondo, va realizzata una forte interazione tra un’idonea dotazione di infrastrutture e una nuova fase di accumulazione produttiva, nel segno della quarta rivoluzione industriale. Queste strategie devono essere valide per tutto il Paese, con una più forte incidenza nella sua parte più fragile, sapendo che, come ammoniva Giustino Fortunato, riprendendo l’esortazione di Mazzini: “L’Italia sarà ciò che il Mezzogiorno sarà”. Il destino del Paese e il suo più che mai indispensabile ruolo europeo dipendono dalla sua unità, dal suo coraggio e dalla sua capacità di innovazione.
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