08 giugno 2024   Articoli

Perché il Sud deve scegliere

Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno

Giuseppe Coco - Professore di economia politica

L’astensione alle urne è sempre un segnale preoccupante per una democrazia ma va detto che ci sono almeno due ragioni per cui gli elettori hanno la percezione che che l’appuntamento non è così cruciale come dicono i partiti. 

La prima è il comportamento dei partiti stessi che in campagna elettorale non hanno mai discusso dei temi delle politiche europee. Il bilancio europeo è costituito soprattutto da due poste: politica agricola comune e politiche di coesione. 

Le seconde sono particolarmente rilevanti per il nostro paese e soprattutto per il sud. Dal ciclo di programmazione di bilancio europeo cominciato nel 2020 non siamo più un paese contributore netto all’Unione. Visto il nostro progressivo impoverimento relativo ormai riceviamo più risorse di quante ne contribuiamo. 

Quasi tutta la nostra contribuzione al bilancio torna attraverso la politica di coesione, che potrebbe essere riformata in maniera importante a partire da prossimo ciclo. Molti paesi sono insoddisfatti dei suoi risultati in particolare in Italia e nel nostro Mezzogiorno e premono per una sua riforma. 

Date le considerazioni di sopra ci si poteva aspettare una campagna incentrata, almeno al sud, sulla necessità di difendere (o meno) la politica di coesione a Bruxelles, su come argomentare sulla sua continuità a livello europeo o, alternativamente, come sostituirla con qualcosa di più efficace. 

Un partito meno europeista avrebbe potuto discutere di come ridurre il bilancio europeo, per usare le risorse della coesione in autonomia, reimpostando radicalmente le politiche di sviluppo. Si tratta solo di un esempio ovviamente, l’Unione ormai legifera su tutto e gran parte delle decisioni strategiche in molti campi vengono prese a Bruxelles. Ma il nostro dibattito ha riguardato invece solo temi politici e interni.

È chiaro a tutti che le europee sono per i partiti italiani un sondaggio per le vere elezioni, quelle nazionali. E quasi nessun partito manda a Bruxelles candidati competenti in grado di confrontarsi con i complessi temi europei.

Esiste una seconda ragione per cui però i cittadini non votano. C’è una sensazione che anche l’atteggiamento dei partiti sia motivato dalla complessa architettura istituzionale dell’Unione, all’interno della quale il Parlamento Europeo ha una importanza limitata anche se crescente. Le decisioni politiche più importanti vengono prese dal Consiglio (l’organo che riunisce i capi di governo dei paesi) e la legislazione viene poi elaborata sulla base di parametri tecnici dalla Commissione Europea, un esecutivo anomalo. 

La sua principale funzione, infatti, è proprio l’elaborazione di direttive e regolamenti che ormai sono in molti ambiti le fonti principali del diritto, anche italiano. La Commissione elabora le proposte di fatto su mandato degli Stati Membri e raramente queste proposte vengono emendate dal Parlamento. Ma un parlamentare competente ed intelligente può intervenire in fase di elaborazione delle proposte. Sempre se è in grado di interloquire con gli uffici della Commissione ovviamente. 

Per questo avremmo bisogno a Bruxelles di gente adeguata. Non basta infatti sapere qual è il nostro interesse nazionale, ma anche saperlo argomentare tecnicamente in termini di interessi e valori comuni. E qui però veniamo all’altro vizio nazionale e ormai anche regionale. Quello di declinare tutto in termini di interesse locale, utilizzando cinicamente l’insoddisfazione di alcuni gruppi sociali per le politiche europee.

Nelle elezioni oltre che i nostri interessi e prima di essi esprimiamo preferenze per un sistema di valori. Scegliamo comunque qualcuno che sia in grado di rappresentarli degnamente.

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Economia

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